Sul piatto dell’assemblea congiunta via streaming dei parlamentari del Movimento 5 Stelle Vito Crimi ha messo il peso specifico di Giuseppe Conte. Ciò dovrebbe bastare a calmare le acque, ma per il momento non contribuisce a fare chiarezza nel M5S.

A cominciare dalle espulsioni: nei giorni scorsi era emersa una nuova linea, tendente al «reintegro» di chi avesse voluto ritornare nei ranghi, per evitare beghe legali e non indebolire troppo i gruppi. Ciò viene contraddetto dal fatto che ieri sono state recapitate almeno tre lettere di espulsione dal gruppo alla camera ad altrettanti deputati.

Dopo quelli che avevano votato no a Draghi, e gli astenuti, questa volta la tagliola si rivolge ai parlamentari che non hanno partecipato al voto.

Alcuni degli eletti precisano di non avere alcuna intenzione di fare marcia indietro. «Un’amnistia presuppone che vi sia una colpa e che l’amnistiato riconosca una sorta di colpa – dice ad esempio il deputato Andrea Colletti – Il problema sono state le decisioni prese dal gruppo dirigente, che in 24 ore è passato dal no a Draghi al sì a Draghi senza fiatare».

Anche Alessandro Di Battista ribadisce la sua indisponibilità: «Rispetto totale per Conte. Ma io ho lasciato il M5S non per l’assenza di Conte. Ma per la presenza al governo con Draghi, Pd, Berlusconi, Salvini, Bonino, Brunetta, Gelmini».

Altri senatori non demordono e sono pronti a presentare ricorso appellandosi anche al pronunciamento del Tribunale di Cagliari, secondo il quale il Movimento è «privo di legale rappresentante».

Conte dovrà gestire questa grana, che si aggiunge a una quindicina di altri contenziosi.

Gli espulsi dicono che sono stati violati i diritti costituzionali, definiscono le sanzioni «un pericoloso precedente per l’Assemblea, nella quale in futuro potrebbe aversi la soppressione del dissenso attraverso espulsioni ingiuste, illegittime e immotivate».

Al vertice di domenica tra Grillo, Conte e altri esponenti di punta si sarebbe parlato anche di costituire una nuova veste legale per il M5S in modo da liberare il nuovo corso da queste cause.

L’ipotesi pare esclusa da Andrea Ciannavei, legale del M5S che era presente alla riunione: «Non credo sia all’ordine del giorno», dice all’Adnkronos.

Tra gli scontenti bisogna considerare anche il deputato Giorgio Trizzino, che parla di «un Movimento 5 Stelle acefalo, rinunciatario, privo di identità e punitivo nei confronti dei dissidenti che chiedono coerenza e fedeltà ai valori fondanti». Trizzino punta il dito sui criteri con i quali sono stati individuati i sottosegretari: parla di scelte «studiate a tavolino per soddisfare voglie di potere, realizzando equilibri da circo equestre».

Infine, la questione romana: ieri Roberta Lombardi, che si appresta a entrare da assessore alla transizione ecologica nella giunta della Regione Lazio, ha proposto che per scegliere il candidato sindaco della capitale si facciano le primarie di coalizione, allargate al centrosinistra.