Niente da fare. Il fantasma dell’aumento dell’Iva proprio non vuol saperne di farsi esorcizzare. Nonostante le smentite rispunta puntualmente, per la disperazione del presidente del consiglio. Non è bastata la sfuriata di lunedì sera, fatta filtrare da Giuseppe Conte come preciso monito. Ieri mattina la giostra è ripartita per non fermarsi più. Prima due interviste, una del ministro Pd per gli Affari regionali Francesco Boccia, l’altra della viceministra 5S dell’Economia Laura Castelli. Secco il primo, per cui l’aumento dell’Iva sui beni di lusso con annessa diminuzione di quella sui beni di vasto consumo è possibile e sacrosanta. Più cauta la seconda, che conferma la piena sterilizzazione dell’aumento aggiungendo però che il tema non può essere considerato innominabile e che il parlamento potrebbe procedere in quella direzione.

I 5S ALZANO SUBITO il fuoco ad alzo zero. L’aumento, in qualsiasi forma e dimensione, è escluso, pena la caduta del governo. Scende in campo anche il capodelegazione del Pd al governo Dario Franceschini, per rintuzzare Boccia: «L’ipotesi è stata accantonata. Sono polemiche inutili». Per qualche ora la faccenda pare chiusa, poi torna alla carica Matteo Renzi in persona: «Un aumento dell’Iva dai 5 ai 7 miliardi non è di sinistra: è un gioco delle tre carte. E io me lo ricordo quando Franceschini aumentò l’Iva, con Letta premier». La frecciata, velenosissima, conferma che il gioco di Renzi è, almeno in parte, quello denunciato, con i collaboratori e a porte chiuse, da Conte. L’ex premier suona a distesa la sirena d’allarme per accreditarsi poi come il leader che ha impedito l’aumento, indicando invece negli ex compagni del Pd i reprobi che avrebbero voluto tassare a man bassa.

SE IL PROBLEMA FOSSE solo nella spregiudicata propaganda del fondatore di Italia Viva non andrebbe oltre un certo fastidio. Però c’è molto di più. C’è una situazione che si sta rivelando meno facile del previsto, anche in Europa. Ieri il commissario europeo uscente Pierre Moscovici ha specificato che la Commissione «non farà favoritismi e il ministro Gualtieri lo sa». Certo, l’occhio di riguardo in funzione anti-sovranista ci sarà comunque, anche se Moscovici non può certo ammetterlo. Ma non fino al punto di prendere per buone quelle coperture per 7 miliardi che dovrebbero arrivare dalla lotta all’evasione fiscale. Se si tiene conto che il tetto sin qui raggiunto, e solo in occasione del varo della fatturazione elettronica, non arriva ai 3 miliardi si capisce bene perché quella copertura è inaccettabile.

A STRASBURGO LE COSE non vanno meglio. Oggi è prevista l’audizione del prossimo commissario agli affari economici Paolo Gentiloni e l’intero nord Europa affila le armi, soprattutto nei ranghi del Ppe. L’audizione non sarà una passeggiata. La bocciatura di Gentiloni non è ipotizzabile ma di certo il commissario italiano capirà di doversi muovere con i piedi di piombo. La nota dolente è, come sempre, il deficit strutturale. Secondo gli impegni assunti l’anno scorso dal governo gialloverde doveva migliorare dello 0,1%. I conti che il ministro Gualtieri porterà a Bruxelles indicano invece un peggioramento dello 0,1%. Se la richiesta di flessibilità avanzata da Roma fosse accolta solo in parte il guaio sarebbe enorme ed è probabile che, in cambio del grosso favore, la commissione chieda almeno chiarezza su quei 7 miliardi fantasma.

A Roma, infine, l’Ufficio parlamentare di bilancio, braccio della Commissione Ue nel parlamento italiano, ha promosso la Nadef, specificando però che le previsioni di crescita per il 2020 e per il 2021 sono «lievemente troppo ottimistiche».

QUELLA CIFRETTA tra i 5 e i 7 miliardi, insomma, bisogna trovarla e le vie alternative all’aumento dell’Iva rischiano di rivelarsi un rimedio peggiore del male. La riforma dei ticket nella sanità, con l’introduzione della progressività, suonerebbe come uno schiaffo al già incarognito ceto medio. Infatti Conte si è affrettato a precisare: «Non è prevista per domani mattina, ma in un arco di tempo più ampio». Con l’aumento delle tasse sulla casa, derivato dalla riforma del catasto, peggio che andare di notte. Sarebbe un suicidio politico. Il Daspo per i commercialisti come misura anti-evasione ha già provocato le proteste della categoria: «Inaccettabile, siamo sconcertati», tuona il presidente Massimo Miani. In questo vicolo cieco non c’è da stupirsi se lo spettro di un aumento selettivo dell’Iva resta in campo.