La manovra correttiva non ci sarà. «E’ l’ultima cosa che immaginerebbe una persona normodotata», commenta Matteo Salvini nel suo abituale stile. Il premier Conte preferisce formule più urbane: «Non è all’orizzonte».

Cosa farà dunque Roma per fermare la marcia di quella procedura d’infrazione per debito che, secondo la lettera della commissione europea, «è giustificata»? La risposta è densa di cifre, firmata da Conte ma messa giù nero su bianco dal ministro dell’Economia Tria. Contesta puntigliosamente i conti troppo pessimistici di Bruxelles. S’impegna a portare il deficit dal 2,4% scritto nel Def al 2,1%, con effetti immediati sul nodo centrale, il reddito strutturale. La chiave consiste nello stornare sul deficit i risparmi sulla spesa prevista di quota 100 e Reddito, quelli che avrebbero dovuto finanziare il dl Famiglia dei 5S: 1,2 miliardi circa e non bastano per arrivare ai 3,6 richiesti. Il resto arriverà dai tagli. Non è proprio quanto scritto nella famosa bozza della risposta del governo italiano fatta sapientemente filtrare da una manina del Mef, dal momento che non ci sono tagli sul Reddito: però ci va molto vicino.

LA RISPOSTA ITALIANA si ferma prudentemente qui ed evita di misurarsi sui nodi economico-politici che invece abbondano sia nella lettera della commissione che nelle parole con cui la accompagnano il commissario Moscovici e il vicepresidente Dombrovskis. La lettera prende apertamente di mira quota 100. Moscovici giura che «la porta è sempre aperta» e la procedura si può evitare. Ma «spetta all’Italia dare le informazioni necessarie e dimostrare come la si possa evitare». Dombrovskis, anche più esplicito, prende di mira «alcune politiche che hanno aumentato le spese per interessi». Il modo di rimediare, aggiunge, c’è: «Attuare uno sforzo di riforma e non spendere di più se non c’è lo spazio fiscale per farlo». Sintesi:«L’Italia cambi rotta».

Nessuno da Roma commenta con i toni di sfida che abbondavano nell’autunno scorso, ai tempi del varo della legge di bilancio che comportò già un duro scontro con Bruxelles. Di Maio segnala che «Quota 100 e le pensioni non si toccano». Salvini ribadisce che la chiave per la crescita è il taglio delle tasse. Ma a indirizzare il coro sono soprattutto Conte e Tria, che non lesinano in rassicurazioni: «L’Italia rispetterà i dettami del patto di Stabilità», garantisce palazzo Chigi. «Adesso si aprirà un dialogo costruttivo con la Ue», concorda Tria, che martedì sarà alla Camera per una informativa sugli scambi epistolari.

MA ANCHE SE TUTTI FINGONO di non vederli sono proprio i nodi politici l’ostacolo che al momento nessuno sa come superare. I soldi per tamponare lo scostamento del 2018 si troveranno. Non sarà «manovra correttiva», perché sono parole impronunciabili, ma la sostanza cambia poco. Poi la trattativa sarà serrata. Inizierà martedì prossimo con la riunione del Comitato economico e finanziario che dovrà dare il suo parere sulla eventuale procedura, e l’Italia sarà rappresentata dal direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera. Si concluderà il 9 luglio, quando Ecofin, l’assemblea dei ministri economici dei Paesi Ue, emetterà il verdetto.

In mezzo gli incontri, ufficiali e più discreti, saranno numerosi. Se Ecofin dovesse accogliere la raccomandazione e comminare per la prima volta in assoluta la procedura per debito eccessivo, l’Italia perderebbe di fatto ogni sovranità sulla propria politica economica. Le scelte le farebbe la troika.

Ma sull’esito del confronto e sulla risposta più temuta, quella dei mercati, peseranno le scelte politiche del governo, la scelta tra il procedere sulla strada indicata dal Def, che implica l’innalzamento dell’Iva, o su quella di Salvini, che quell’aumento esclude e insiste sulla decisione di partire subito con la Flat tax.

IL CONTO È STRATOSFERICO: 23 miliardi per sterilizzare l’aumento Iva, 9 per correggere il deficit strutturale, secondo quanto richiesto dalla lettera di ieri, 30 per la Flat tax, più spese correnti varie. Una manovra da oltre 60 miliardi secondo le stime più rosee. Se il sentore fosse quello, difficilmente Ecofin grazierebbe l’Italia, ma se anche chiudesse un occhio il governo si troverebbe poi di fronte a un compito impossibile senza sforare e di molto il deficit. Ecco perché i dubbi che alla fine Salvini possa far saltare il tavolo e scegliere la via delle elezioni prima di affrontare le rapide rinviando al prossimo governo sia la trattativa sulla procedura che la proibitiva legge di bilancio sono inevitabili.