Dopo giorni di indiscrezioni e dure polemiche dentro la maggioranza e tra governo e regioni, ieri sera Giuseppe Conte ha finalmente illustrato il Dpcm che regolerà la vita degli italiani da oggi fino a metà gennaio.
Confermata la linea dura per il periodo delle feste: dal 21 dicembre al gennaio non ci si potrà muovere tra le regioni (neppure per raggiungere le seconde case), anche se lo stesso premier ha detto che t«ra due settimane ragionevolmente tutta l’Italia sarà gialla».

Nei giorni clou, Natale, Santo Stefano e Capodanno, non si potrà uscire neppure dal proprio Comune. Quanto alle deroghe, Conte ha detto che i conviventi potranno comunque vedersi nella casa di comune residenza e che sarà possibile spostarsi «per assistere persone anziane non autosufficienti».

DEROGHE AL LUMICINO, dunque: chi volesse passare il Natale con i propri genitori anziani ma autosufficienti, stando alle parole del premier, non lo potrà fare. Su questi due punti si è consumata una rottura con le regioni, ma la novità principale è che si è spaccato il Pd. Ben 25 senatori (su 35) e una trentina di deputati (su 90) hanno scritto lettere ai loro capigruppo Andrea Marcucci (che già mercoledì aveva combattuto colo ministro Speranza per allentare le restrizioni) e Graziano Delrio per dire no al lockdown di Natale.

Le lettere sono state firmate da parlamentari di varie aree del Pd, dagli ex renziani di Base riformista all’area di Maurizio Martina ai Giovani turchi di Matteo Orfini. Non dai fedelissimi di Dario Franceschini e Nicola Zingaretti. Le lettere sono servite a Marcucci per dimostrare che le sue richieste di attenuare le restrizioni non erano «a titolo personale». Il capogruppo Pd ha tentato fino all’ultimo di pressare Conte, per evitare il blocco di milioni di italiani nei piccoli Comuni, magari con i figli o i genitori a pochi chilometri: «Bisogna rendere possibile i ricongiungimenti familiari ed affettivi anche solo per poche ore».

Un appello condiviso dai presidenti delle regioni, incontrati da Conte nel pomeriggio, ma senza esito. Non dai sindaci, che invece hanno difeso le decisioni del governo.

HA VINTO LA LINEA DURA, e nella notte tra mercoledì e giovedì, nel consiglio dei ministri che ha varato il decreto legge che fa da cornice al Dpcm, le due ministre renziane Teresa Bellanova (Agricoltura) e Elena Bonetti (Famiglia) hanno messo a verbale la loro «forte contrarietà» verso norme che non hanno base scientifica». Uno schiaffo a Conte e Speranza che da marzo hanno sempre motivato le restrizioni sulla base dei dati dell’epidemia.

Zingaretti è intervenuto contro la fronda dem: «In 24 ore quasi 1000 persone sono morte a causa del Covid. Negli ultimi 15 giorni oltre 10.000. Rifletta chi non capisce quanto è importante tenere alta l’attenzione con regole rigorose».

Uno scontro durissimo dentro la maggioranza (ma M5S difende il suo premier) e dentro il Pd, per non parlare delle relazioni tra governo e regioni. «C’è stupore e rammarico per il mancato confronto», attaccano le Regioni, contestando soprattutto di non aver bilanciato «le misure di contenimento e il contesto di relazioni familiari e sociali tipiche del Natale». Lo stop ai movimenti tra i Comuni viene definito « lunare» dal lombardo Attilio Fontana, mentre Luca Zaia chiede «quale tecnico sanitario abbia avallato una cosa del genere». Il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia replica: «E’ incomprensibile il loro stupore. Le norme sono state discusse in due riunioni durate 7 ore».

NEL DETTAGLIO, FINO A METÀ gennaio resta il coprifuoco dalle 22 alle 5, allungato alle 7 del mattino a Capodanno; i ristoranti saranno aperti (anche a Natale, Santo Stefano e 1 gennaio) a pranzo ma chiuderanno alle 18; gli impianti da sci saranno chiusi da oggi fino al 7 gennaio, gli alberghi resteranno aperti ma la sera del 31 dicembre i clienti potranno cenare solo in camera
Quarantena per chi rientrerà da viaggi all’estero, e anche per i turisti stranieri che verranno in Italia, stop ai centri commerciali nei fine settimana (ma gli altri negozi resteranno aperti fino alle 21 da oggi fino all’Epifania per «consentire lo shopping e lo scambio dei doni», dice il premier). Stop fino al 7 gennaio anche alle crociere, norma contrastata da Italia Viva fino all’ultimo secondo.

QUANTO ALLE CENE E AI PRANZI, Conte ha ribadito la «forte raccomandazione a stare solo tra conviventi», dunque niente visite di parenti o amici. «Sarà un Natale diverso, ma non per questo meno autentico», ha spiegato in una conferenza stampa dove ha lodato l’azione del suo governo, sulla pandemia e non solo: «I risultati dicono che non stiamo lavorando male». E ha aggiunto: «L’indice Rt è sceso a 0,91. Ma se affrontassimo le feste con le regole delle aree gialle sarebbe inevitabile una nuova impennata dei contagi, una terza ondata violenta come le prime due. Dobbiamo scongiurarla».

Una conferenza stampa in cui Conte ha ricevuto domande su tutti i temi dell’agenda, tranne che sul Dpcm. Ha parlato di Mes, Recovery Fund, Ilva, Autostrade, persino delle polemiche sulla scorta alla sua campagna e di rimpasto: «Una parola che mi fa rabbrividire, sono liturgie della vecchia politica che non mi appartengono, i miei ministri sono i migliori. Non siamo qui per galleggiare».

Le opposizioni sono sulle barricate: mentre il premier parlava hanno occupato l’aula della Camera. «Non sono accettabili limitazioni così oppressive degli spostamenti degli italiani, questo Dpcm va oltre gli indirizzi dati dal Parlamento, Conte venga subito in Aula», attacca Mariastella Gelmini.