La crisi è aperta? In una delle fasi più confuse e caotiche di sempre neppure questo è detto. Non formalmente almeno. Le ministre di Iv hanno rassegnato le dimissioni con lunga lettera di spiegazioni. Renzi, in conferenza stampa, ha passato Conte al tritacarne per oltre un’ora, accusandolo di non aver fatto niente per mesi violando in compenso tutte le regole della «liturgia democratica».

Però non ha ancora parlato di sfiducia. Al contrario ha ripetuto che «Iv non vuole la crisi», che voterà il Recovery, lo scostamento di bilancio, il dl Ristori, che esclude maggioranze con la destra, che «non ci sono veti o preclusioni nei confronti di Conte, ma non è il solo nome possibile per palazzo Chigi».

Ma se Conte vuole proporre un nuovo patto di governo «deve farlo in parlamento, non per strada». In parlamento Conte dovrà andarci per forza ma per fare cosa ancora non lo sa bene neppure lui. Di certo ieri sera era rispuntata con forza la tentazione di uno showdown in aula, alla ricerca dei responsabili, nonostante il pollice verso del Colle e del Pd.

L’ALLUSIONE DI RENZI era alla «mano tesa» dal premier, poco prima che la conferenza stampa iniziasse, rispondendo ai cronisti appunto per la strada. Un Conte opposto, nei toni e nella sostanza, a quello del giorno precedente: «Ho sempre detto che il governo può andare avanti solo con tutta la maggioranza. Sto lavorando a un patto di legislatura e confido che ci si possa trovare intorno a un tavolo».

La folgorazione era iniziata prima dell’incontro sul Colle con il capo dello Stato, in una mattinata segnata dalla scomunica della sua linea dura da parte del Pd. Più morbido, pur se chiaro, Zingaretti: «Serve il dialogo». Più esplicito e diretto il capo dei senatori Marcucci: «Non ci vogliono i responsabili. Serve una maggioranza politica con Iv». Il peggio doveva ancora arrivare. Ufficialmente Mattarella si è limitato a sottolineare «la necessità di uscire presto dall’incertezza».

In realtà, secondo indiscrezioni smentite però sia da Colle che da palazzo Chigi, sarebbe andato oltre, chiarendo che esiterebbe molto a mandare il Paese alle elezioni e che tre maggioranze diverse una dopo l’altra sarebbero accettabili solo in caso di piccoli cambiamenti. La situazione va cercata nel perimetro di questa maggioranza. A completare l’opera, poco prima, ci si era messo persino Grillo, evocando un governo di unità nazionale salvo poi precisare, probabilmente tirato per la giacchetta, che a presiedere quel governo dovrebbe essere sempre Conte.

ILLUDERSI CHE RENZI stringesse la mano tesagli per forza dal premier sarebbe stato ingenuo. Da quelle parti il motto è sempre stato: «Bastonare il can che affoga». E Renzi bastona: sottratta a Conte l’arma di una raccogliticcia armata di responsabili, restano al premier solo due alternative. Dimettersi e poi provare a costruire un nuovo governo oppure presentarsi in aula, proporre il suo «patto di legislatura» e sentirsi dire da Renzi che in questi casi «la liturgia istituzionale» impone che vengano prima rassegnate le dimissioni. Conte vede la trappola e per questo, nonostante i veti, considera l’ipotesi di tornare allo scontro frontale, la strada della quale era convinto fino al martellamento di ieri mattina.

E GLI ALTRI PARTITI della maggioranza? LeU è sicura e determinata. «È la peggiore risposta che si potesse dare. C’è chi agisce nell’interesse del Paese e chi in quello della visibilità del suo partito», commentano i capigruppo De Petris e Fornaro. Il Pd, che si aspettava una maggiore disponibilità da parte di Renzi, è diviso in fazioni estreme, c’è chi vuole la battaglia con Renzi, ma c’è anche chi contatta i 5S più governisti ipotizzando una nuova maggioranza con una parte del Movimento, una di Fi e naturalmente senza Giuseppe Conte.

Il commento di Orlando è severo: «Errore grave fatto da pochi che pagheremo tutti». Zingaretti concorda: «Errore gravissimo contro il Paese». «Chi attacca il presidente del consiglio attacca l’intero governo», fanno muro intorno al premier i ministri a partire da Franceschini. Ma di qui ad appoggiare l’ordalia in aula ce ne passa e ancora ieri sera la linea del Pd era quella di insistere con questa maggioranza, con Iv. I 5S sono smarriti, sia per il messaggio di Grillo che, soprattutto, per il veto del Colle alla conta in aula. Crimi risponde senza alzare i toni: «Credo che nessuno capisca questa scelta. Il M5S continuerà ad assicurare la stabilità».

PAROLE SPESE per prendere tempo. I 5S attendono la decisione del premier. Che a tarda sera in consiglio dei ministri dichiara: « Le ministre si sono dimesse nonostante la mia disponibilità. Non si può sminuire la gravità di questa decisione. Non mi sono mai sottratto al confronto, ma il terreno è minato». A questo punto a scegliere quale strada seguire, se dimettersi, proporre il patto a Renzi in parlamento oppure sfidare nonostante tutto l’aula di palazzo Madama con i responsabili, dovrà essere solo Giuseppe Conte.