“La maggioranza c’è. Però così non si può governare”: che lo dica l’opposizione è nella norma. In questo caso però a parlare è il capo dei senatori del Pd Marcucci. In realtà è un coro composto dall’intera maggioranza e ripete una parola sola: “Allargare, allargare”. È con questa magica paroletta in testa che Conte sale al Colle alle 18.30. Al Quirinale le bocche sono più cucite del solito: ufficialmente il presidente si è limitato ad ascoltare, per sapere come Conte intenda muoversi in una situazione difficilissima. In realtà è probabile che il presidente qualcosa abbia anche detto, come aveva fatto, senza essere ascoltato, prima dello showdown dei giorni scorsi in aula, suggerendo di cercare di ricucire con Iv proprio per evitare di trovarsi nella situazione in cui versa oggi.

È facile che qualcosa Mattarella abbia anche chiesto: prima di tutto di raccogliere rapidamente, al massimo in un mese, i senatori necessari per disporre di una maggioranza magari esigua ma tale da garantire l’autonomia nelle richieste di maggioranza assoluta, come quella che è stata necessaria ieri per approvare, con il supporto di tutte le opposizioni, lo scostamento di bilancio. Oggi alle 17.30 al Quirinale ci sarà la destra. Protesterà contro il governo di minoranza, arma spuntata perché ce ne sono stati a volontà, esecutivo Berlusconi incluso. Ma batterà anche sull’assenza di una maggioranza autonoma capace di approvare senza supporto dell’opposizione gli scostamenti di bilancio. Va da sé che i costruttori dovrebbero compattarsi in un gruppo: altrimenti la situazione nelle commissioni non verrebbe modificata e comunque non si può andare avanti convincendo ogni volta qualche singolo senatore.

“Allargare” è davvero fondamentale, un passaggio senza il quale il Senato diventerà, come da formula ripetuta ieri in ogni angolo, “un Vietnam”. Cioè una giungla in cui la minaccia non arriverà dalle battaglie in campo aperto, cioè dai voti di fiducia che almeno fino a giugno si prevedono garantiti dalle assenze di tutti quelli che temono le elezioni anticipate. Con l’avvicinarsi dell’inizio del semestre bianco il 3 agosto e l’impossibilità di votare in luglio le cose cambieranno ma è storia di domani. Quella di oggi sarà invece costellata di imboscate nelle commissioni, nelle giunte, nella conferenza dei capigruppo, nei voti d’aula meno plateali. Un assaggio lo si avrà presto: il 27 il ministro Bonafede svolgerà la sua relazione sulla giustizia. Il Senato dovrebbe approvarla il giorno stesso, anche se a decidere sarà la conferenza dei capigruppo. Non ci sono dubbi su come voteranno la destra e Iv. Un siluro micidiale.

Dunque la caccia non si arresta e la giostra dei nomi gira più vertiginosamente che mai. I registi dell’operazione, da palazzo Chigi, mirano a un gruppo di 10 formato da 5 fuoriusciti da Fi, dai tre Udc di palazzo Madama con l’aggiunta di due transfughi da Iv. Tutto è possibile ma sembra un miraggio, tanto più che il tutto dovrebbe realizzarsi in tempi record perché il ferro va battuto finché è caldo e anche per evitare la sconfitta sulla relazione di Bonafede: “O si chiude in 48/72 ore o elezioni”, profetizzano foschi ma anche un po’ esagerati i maghetti di palazzo Chigi. Le difficoltà, però, sono sempre quelle che hanno reso impossibile la maggioranza assoluta nel voto di martedì. Due senatori di Iv, Grimani e Comincini, notificano l’indisponibilità a un’opposizione dura, insistono per il rientro in maggioranza. Se Renzi sceglierà l’opposizione rigida potrebbero uscire dal gruppo. Anche in Fi qualche disagio c’è e la speranza nella conversione dell’Udc è per definizione l’ultima a morire. Ma si tratta, al momento, solo di auspici pur se non irragionevoli.

Ma i numeri da soli non bastano ed è possibile che anche questo il capo dello Stato abbia spiegato al presidente del consiglio. I governi di minoranza esistono, ce ne sono nel mondo. Sono non solo legittimi a norma di Costituzione ma spesso anche in grado di governare davvero. Ma devono avere una rotta, muoversi in una condizione che permetta di operare oltre che di esistere e il quadro non cambierebbe molto se invece che di minoranza si parlasse di maggioranza piena ma risicatissima. Significa aprire un dialogo vero e concreto, a tutto campo ma soprattutto su legge elettorale e Recovery, almeno con una parte dell’opposizione, quella europeista. Quella di Fi e Iv.