Otto decessi e 208 casi è il bollettino del coronavirus di ieri. Il numero giornaliero delle vittime è ancora in diminuzione, mentre i 208 nuovi positivi sono leggermente superiori alla media degli ultimi 7 giorni, pari a 198. Due in meno i pazienti in terapia intensiva, uno in più è ricoverato in condizioni non gravi, ma nel complesso le persone «attualmente positive» sono 67 in più di ieri, quasi tutte in isolamento domiciliare. È il secondo aumento consecutivo, dopo settimane di calo. Nulla di drammatico, ma il rapporto tra casi rilevati (111) e tamponi fatti (5585) in Lombardia è risalito al 2%, come poche settimane fa. Sempre in Lombardia, circa la metà dei casi sono localizzati nelle province di Mantova, a causa dei focolai nei salumifici e nei macelli, e di Cremona.

Dopo l’Emilia-Romagna, la terza regione per numero di casi è la Campania, che ieri ha registrato 27 casi positivi su 775 test. Infuriato il presidente della regione De Luca: «Sugli ingressi in Italia occorrono controlli rigorosi», facendo riferimento ai diversi casi registrati in persone italiane e straniere rientrate dall’estero. «Si rilevano comportamenti che segnalano un pericoloso rilassamento generale», ha proseguito De Luca. «In queste condizioni il rischio è che non arriveremo neanche a settembre, quando potremo essere costretti ad affrontare l’anno scolastico in condizioni gravissime». In Veneto, seconda regione per numero di tamponi dopo la Lombardia, è stato rilevato un solo nuovo caso.

Il governatore Luca Zaia però non ha rinunciato a rendere più severe le norme per chi viola l’isolamento dopo un test positivo. Una nuova ordinanza prevede l’isolamento fiduciario di due settimane obbligatorio in caso di contatto a rischio, controlli più stretti e prolungamento di altre due settimane in caso di positività. Chi non accetta le misure di contenimento sarà segnalato a sindaco e prefetto. «Se un positivo va in giro c’è il carcere e l’arresto, si sappia», spara Zaia prima di fare marcia indietro in serata, visto che a violare la legge in quel caso sarebbe proprio lui. La Regione infatti non ha competenza in materia penale per chi viola gli obblighi previsti dalle autorità sanitarie.

Zaia però non demorde sul progetto e si limita a delegarlo al livello superiore: «Il Tso non si fa solo per le malattie psichiatriche, lo si fa anche per epidemie o altre attività. Chiedo che a livello nazionale si possa portare al penale la violazione dell’isolamento fiduciario anche del negativo». Il ministro della salute Roberto Speranza non aveva escluso l’ipotesi di estendere il trattamento sanitario obbligatorio, già normato per i pazienti psichiatrici, anche al caso delle malattie infettive, per i quali servirebbe un provvedimento legislativo apposito che non sarebbe in contrasto con la Costituzione. Ma come fa sapere anche il segretario generale del sindacato di polizia Coisp «Esiste già una misura di ricovero coatto per chi diffonde epidemie, il quale potrebbe essere punito fino all’ergastolo: è prevista dal codice penale ed è applicata anche in questi mesi per chi si allontana dalla quarantena».

Speranza ieri non ha commentato la vicenda con i giornalisti a Anagni (Frosinone), dove ha visitato lo stabilimento della Catalent in cui verrà confezionato il vaccino sviluppato dall’università di Oxford e prodotto da AstraZeneca, se la lunga fase di sperimentazione appena iniziata avrà esito positivo. La notizia di ieri è che un altro colosso in corsa per il vaccino, la Johnson & Johnson, si rivolgerà allo stabilimento in caso di approvazione. Speranza si è congratulato con l’impresa. «Sono belle notizie che testimoniano come l’Italia e le sue eccellenze scientifiche e produttive siano al centro della sfida mondiale», ha detto Speranza, riferendosi al fatto che anche lo stabilimento Irbm di Pomezia sarà coinvolto nella produzione del vaccino. In realtà le aziende italiane stanno svolgendo un ruolo di subappalto in processi altamente innovativi sviluppati all’estero, anche grazie a ricercatori italiani emigrati all’estero per mancanza di opportunità.

Destinata infine a un probabile fallimento l’indagine sierologica dell’Istat e dell’Iss, che puntava a scoprire quanti italiani siano venuti in contatto con il virus. L’obiettivo di raggiungere un campione di 150 mila italiani è molto lontano: molti di loro hanno rifiutato di partecipare, finora solo 70 mila hanno risposto positivamente. E il 15 luglio i kit donati all’Italia dalla Abbott per realizzare l’indagine scadranno e non saranno più utilizzabili.