Mentre la curva dei contagi da Covid-19 in Italia cresce, la ‘terza ondata’ della pandemia in Irlanda è già arrivata. Questa settimana il paese è risultato il primo al mondo per numero di nuovi casi sul totale della popolazione. Lunedì sono stati riportati oltre 4.900 casi, tantissimi per un paese che non arriva a cinque milioni di abitanti.

Il governo ora incolpa, almeno in parte, la cosiddetta ‘variante inglese’ del virus, i cui effetti sarebbero particolarmente violenti vista la vicinanza geografica col Regno Unito. Stando alle parole del primo ministro Micheál Martin, a capo di una coalizione fra centro-destra e verdi, le analisi su alcuni dei campioni positivi avrebbero mostrato che quasi la metà sarebbero riconducibili alla variante inglese.

Ma le cause della rapida crescita del virus sembrano essere anche domestiche. Ad ottobre dello scorso anno, l’Irlanda era stato il primo paese in Europa ad implementare un lockdown nazionale piuttosto rigoroso, dopo che le restrizioni su base regionale non sembravano sufficienti ad arginare la seconda ondata del virus. Fra le misure previste, il divieto di uscire di casa salvo che per ragioni di necessità, la chiusura delle attività commerciali non essenziali, pub e ristoranti aperti solo per l’asporto. Una sostanziale differenza con quanto già visto nella primavera del 2020 era stata l’apertura delle scuole di primo e secondo grado. Le misure avevano funzionato, e nei primi di dicembre l’incidenza del virus era tornata fra le più basse in Europa.

Nei primi di dicembre il governo aveva perciò proceduto ad una riapertura piuttosto estesa, permettendo l’apertura di negozi, palestre e musei, e anche di ristoranti e pub, questi ultimi solo nel caso servissero cibo. Il governo aveva previsto inoltre che, a partire dal diciotto dicembre e fino al sei gennaio, gli spostamenti fra regioni sarebbero stati nuovamente permessi, per permettere i ricongiungimenti familiari. Tutto il contrario di quanto accaduto in altri paesi europei – inclusa, anche se tardivamente, l’Italia – dove proprio in vista delle vacanze natalizie erano state aggiunte restrizioni per moderare il possibile impatto delle maggiori interazioni sociali sotto le feste.

La retromarcia, tardiva e solo a seguito delle sollecitazioni del National Public Health Emergency Team, l’equivalente del nostro comitato tecnico scientifico, è avvenuta nei giorni subito prima di Natale. Il 22 dicembre, il governo ha annunciato che a partire dalla Vigilia di Natale sarebbero state introdotte nuove restrizioni, poi rafforzate ulteriormente il 30 dicembre con l’annuncio di un terzo lockdown nazionale, che durerà almeno fino alla fine di gennaio. Vista la gravità della situazione, a chiudere non saranno solo le attività commerciali non essenziali, ma anche le scuole e, almeno parzialmente, alcune attività produttive, fra cui le costruzioni.

Le uniche note liete potrebbero venire dal fronte delle vaccinazioni. Il governo ha annunciato che, qualora anche il vaccino di Oxford-Astrazeneca ottenesse l’approvazione dell’Agenzia Europea del Farmaco alla fine di gennaio, entro la fine di marzo dovrebbero essere vaccinate almeno settecentomila persone. Fino ad allora però il debole sistema sanitario irlandese – che ha circa la metà dei posti in terapia intensiva rispetto alla media europea – dovrà fronteggiare un’ondata di ricoveri ospedalieri che potrebbe essere peggiore di quella della scorsa primavera.