Per il secondo giorno di seguito, cala il numero di persone «attualmente positive». Alle 17 di ieri, erano 107709, circa 500 in meno del giorno prima. Significa che le persone che contraggono il virus sono meno di quelle che guariscono o che muoiono. La diminuzione dei casi non è dovuta al rallentamento del contagio (oltre 2700 i nuovi casi, 500 più del giorno prima), ma alle dimissioni dagli ospedali (ben 2723, ma riguardano anche pazienti rimandati a casa a curarsi) e al numero dei morti risalito a 534 in 24 ore. Il numero totale delle vittime di Coronavirus registrate dalla Protezione Civile sale a 24648.

LA LOMBARDIA, con 960 nuovi casi, e il Piemonte (606) concentrano nei loro territori quasi i due terzi dei nuovi contagi, anche se in entrambe le regioni il numero di tamponi è stato inferiore a quello del Veneto. Qui i nuovi casi registrati sono stati 277 a fronte di oltre 7 mila test effettuati, quasi sui 52 mila realizzati sul piano nazionale.

Ma le regioni ormai guardano ai test sierologici, che individuano gli anticorpi al Coronavirus nelle persone che lo hanno già contratto. Sul tema, la distanza tra regioni e task force nazionale è massima. Al Comitato tecnico scientifico si ripete che test sufficientemente affidabili devono ancora essere individuati e che gli esami sugli anticorpi non possono essere usati per diagnosticare la malattia. Ma alle regioni interessa capire chi può essere avviato alla «fase 2» in anticipo, piuttosto che cercare persone positive al virus prima che contagino le altre. E il parere degli scienziati non viene tenuto in gran conto.

Lo dimostra l’iniziativa della Lombardia: «Da giovedì 23 aprile partiremo con i test sierologici nelle aree più colpite dal Coronavirus nelle province di Lodi, Cremona, Bergamo e Brescia», ha annunciato l’assessore al welfare della Lombardia Giulio Gallera. «Dal 29 aprile, le analisi saranno estese a tutta la Lombardia». I test partiranno dalle persone in isolamento fiduciario e in contatto con i pazienti positivi. Proprio quelle su cui gli scienziati raccomandano di eseguire più tamponi.

HA FRETTA ANCHE la Liguria, e il governatore Giovanni Toti mette alla frusta gli esperti di Roma. «Vorremmo sapere quale sia il test sierologico considerato più affidabile dal governo e dal comitato scientifico che lo supporta», dice. In realtà, l’attesa per l’opinione degli scienziati è solo simulata, perché la Liguria è già partita con la rilevazione degli anticorpi prima ancora di conoscere l’affidabilità dei test. «Ne abbiamo fatto ieri 12 mila nelle Rsa, ne stiamo facendo altrettanti nel mondo degli ospedali – ha detto il governatore – poi effettueremo altre migliaia di test grazie a un campione significativo dei donatori di sangue per avere un’idea statistica di quale sia la penetrazione del virus nella società».

FA INVECE UN PASSO indietro il collega veneto di Toti, Luca Zaia, che nei giorni scorsi era sembrato quello più proiettato in avanti. «Ho sempre detto che si apre dopo il parere delle comunità scientifiche», ha risposto a chi gli ha chiesto un commento sul richiamo di Conte a un maggior coordinamento tra stato e regioni.

Anche gli scienziati della task force ci mettono del loro per fare confusione. Mentre all’Istituto Superiore di Sanità si ripete che il contagio non si azzererà presto, l’Osservatorio Nazionale sulla Salute diretto da Walter Ricciardi (anche lui nel Comitato tecnico scientifico) va per conto suo. L’ultimo rapporto dell’Osservatorio di Ricciardi azzarda addirittura le «date minime di assenza di nuovi casi di contagio» per tutte le regioni italiane, cioè a partire dalle quali l’infezione potrebbe arrestarsi. La regione più rapida a tornare alla normalità dovrebbe essere l’Umbria, in cui la finestra temporale è scattata proprio ieri (ma ci sono stati ancora 4 casi). Le ultime saranno Lombardia e Marche, che non avranno «contagio zero» prima di fine giugno.