Due montagne di plastica blu svettano sullo sfondo di un paesaggio fumettistico, mentre una donna si arrampica in centro su una grata di ferro. Una folla si riversa sulla scena, correndo. Colori sgargianti, musica battente che diventa nostalgica quando qualcuno, in cima ai monti blu, si interroga cantando sul senso della vita. «È tutto qui? Allora continuiamo a ballare». Comincia così The Future, distopico pezzo di teatrodanza firmato dalla regista e coreografa argentina Constanza Macras, che ha inaugurato il festival Presente indicativo dedicato a Strehler dal Piccolo Teatro, che è anche coproduttore dello spettacolo. Un’ora e quarantacinque minuti con l’ensemble multidisciplinare DorkyPark fondato da Macras a Berlino nel 2003, musica dal vivo di Robert Lippok, drammaturgia di Carmen Menhert.
The Future ha debuttato a Berlino nel dicembre scorso a partire da una riflessione i cui riferimenti viaggiano tra Bifo Berardi (Dopo il futuro), Mark Fisher (Ghosts of My Life, Writings on Depression, Hauntology and Lost Futures), Karen Barad, trasformando la scena nella «lenta cancellazione del futuro» (Berardi), un vivere in un tempo «scompaginato» in cui le ere del passato si confondono, un «senso di finitezza e di sfinimento» (Fisher) che dal XXI secolo ci catapulta nel passato, nel retrò, presi da una nostalgia formale che abbraccia la musica e altro.

la riflessione sul tempo è, non a caso, centrale nello spettacolo e nei suoi testi che toccano temi come la fisica newtoniana e quantistica

LA RIFLESSIONE sul tempo è, non a caso, centrale nello spettacolo e nei suoi testi che toccano temi come la fisica newtoniana e quantistica, l’abbandono del centro verso le periferie causa l’aumento degli affitti, il senso perduto della parola «futuristico», la hauntologia come residuo spettrale del passato. La musica dal vivo di Lippok si muove con graffio tra gli argomenti, ma i tempi drammaturgici dello spettacolo, i ritmi interni delle scene, confliggono con le tante parole.
I corpi, i costumi, le voci creano un assemblaggio visivo e auditivo sovraccarico che causa nella fruizione un cortocircuito. E così di fronte all’affastellarsi di immagini disco anni Ottanta, interpreti urlanti armati di clave, pistole, spade e coltelli, antichi greci, presentatori tv, uomini primitivi, personaggi alla Star Wars, oracoli vaticinanti, sedute fotografiche, discussioni su Guerra Fredda, capitalismo, bomba atomica e nuove tecnologie, la comunicazione del nostro tempo confuso non arriva a una convincente soluzione spettacolare.