Sul caso Consip il governo e il Pd rischiano ancora. Rischiano oggi nell’aula del Senato, dove dovranno essere discusse e votate almeno cinque mozioni, tre delle quali prendono di mira anche il ministro dello Sport e uomo di fiducia di Matteo Renzi, Luca Lotti. Rischiano anche di più, in termini di immagine e credibilità, nei prossimi giorni, quando l’ad Luigi Marroni, scelto da Renzi, difeso strenuamente da Padoan, messo alla porta da Renzi e Padoan, incontrerà il presidente dell’Anac Raffaele Cantone e già annuncia di volersi «togliere qualche sassolino dalle scarpe».

La manovra congiunta messa in opera da Pd e governo al fine di disinnescare il dibattito di oggi al Senato è fallita, e almeno in buona parte a farla fallire è stato proprio Marroni. Prima il Pd ha presentato a sorpresa una sua mozione, venerdì scorso, che chiedeva la rimozione dei vertici Consip. Proprio come le due già depositate, quella di Idea e quella di Sinistra italiana, sottoscritta da molti 5 Stelle: con la differenza che in quella del Pd mancava ogni accenno proprio a Luca Lotti. Ma quel testo non mirava a un voto bensì a fornire al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan l’appiglio per mettere alla porta il cda Consip prima del voto. Il presidente Luigi Ferrara e la consigliera Maria Laura Ferrigno si sono infatti dimessi. Marroni no.

Il cda è comunque decaduto, ma l’amministratore delegato resterà in carica sino a che l’assemblea dei soci non avrà scelto i nuovi vertici, e a convocare quell’assemblea dovrebbe essere proprio lui, l’ad dimissionato ma recalcitrante. Sulla carta, poi, nulla impedirebbe una sua riconferma, dunque le mozioni restano valide. A peggiorare le cose, è arrivata a sorpresa anche l’iscrizione di Ferrara nel registro degli indagati, ieri mattina, per «false informazioni ai pm».
Ieri, fino a sera, il Pd ha cercato di evitare il dibattito, con tutte le pressioni del caso nei confronti del presidente del Senato. Cda dimesso, mozioni decadute hanno ripetuto i pezzi grossi del Pd e quelli oggi vicini, dal ministro Maurizio Martina all’un tempo berlusconianissima Manuela Repetti, consorte di Sandro Bondi. Andrea Augello e Gaetano Quagliariello, primi firmatari della mozione di Idea, si sono opposti: «Le mozioni sono ancora valide». La capogruppo di Sinistra italiana Loredana De Petris non è stata da meno: «Il dibattito deve tenersi. Le mozioni vanno votate».

Il presidente Pietro Grasso non si è fatto convincere dal Pd. Ha detto che si sarebbe rimesso all’aula e il Nazareno ha scelto di modificare la mozione presentandone un’altra, con i centristi di Ap e con il gruppo delle autonomie, che si limita a chiedere di rinnovare al più presto i vertici Consip, dando per risolto tutto il resto che risolto però proprio non è.

Anche Mdp ha presentato una sua mozione: la più esplicita nel chiedere il ritiro delle deleghe per Luca Lotti e le dimissioni di Luigi Marroni. C’è però una certa ambiguità sulla disponibilità degli scissionisti del Pd a votare anche le altre mozioni. Non si tratta di un particolare: se il gruppo guidato da Cecilia Guerra decidesse di votare solo la sua mozione il governo sarebbe in una botte di ferro.

L’ultima mozione è della Lega ed è di significato opposto alle altre. Non solo non chiede le dimissioni di Marroni ma insiste, al contrario, perché non ci siano pressioni in questo senso. L’ad nominato da Renzi è diventato col tempo il grande accusatore di Lotti. E’ lui ad affermare di essere stato avvertito dell’inchiesta in corso, e delle cimici piazzate dai Noe nel suo studio in modo da poterlo bonificare, proprio dal braccio destro di Renzi. La Lega, però, voterà la mozione di Idea che non prende di mira direttamente Lotti ma esige che il governo smetta di credere a entrambi: uno dei due mente di sicuro e il governo deve esprimersi. Formula accettabile per il Carroccio.

Sulla carta Lotti è in pericolo. Nel concreto molto di meno. In quel formicaio impazzito che è ormai palazzo Madama sono troppi i senatori attenti solo a evitare incidenti che potrebbero fornire a Renzi la scusa per votare, a partire proprio dall’Mdp. Ma anche se si salverà grazie al panico da elezioni, difficilmente il governo potrà proseguire nel gioco assurdo consistente nel dar credito sia a Marroni che a Luca Lotti. Se Marroni uscirà male dal dibattito non è escluso che decida di rivalersi dicendo quel che ha da dire. Potrebbe non essere robetta.