Mega-multa per l’Italia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo: dovrà pagare 120 milioni per violazioni dei diritti dei cittadini, ha stabilito il rapporto annuale, pubblicato ieri, della corte di giustizia europea. Mai nessuno dei 47 stati membri del Consiglio d’Europa aveva dovuto versare tanto (nel 2011, complessivamente, i 47 stati avevano pagato multe per 72 milioni). L’Italia è in testa alla lista nera, seguita dalla Turchia e dalla Russia, per il numero di sentenze ancora in attesa di essere eseguite, 2569 (1780 per la Turchia, 1087 per la Russia). L’Italia per di più è ora «sorvegliata speciale» dal comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, per una convenzione firmata a Roma, a Palazzo Barberini, il 4 novembre 1950.

Sono le lungaggini della giustizia italiana a finire prima di tutto all’indice. Ma il grosso della multa – 108 milioni – riguarda solo tre casi. E qui la sorpresa è enorme: verranno risarciti con 49 milioni di euro i costruttori dell’ecomostro di Punta Perotti a Bari, 48 milioni andranno alla società Podere di Trieste, come risarcimento per l’espropriazione di un terreno. Infine, 10 milioni risarciranno Francesco Di Stefano, per la mancata assegnazione delle frequenze tv a Centro Europa 7.

La Corte di Strasburgo non è un quarto grado (dopo la Cassazione), ma resta un’ultima istanza “tematica”, relativamente alla violazione degli articoli della Convenzione. E’ appunto la violazione della «protezione della proprietà privata» (art.1) e del fatto che «nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato» (art.7), che ha portato alla mega-multa. Per Punta Perotti il caso dura da 11 anni. Già tre anni fa Strasburgo aveva espresso dubbi sulla legalità della confisca delle aree, trasformate dal comune in un parco pubblico, dopo la distruzione dell’ecomostro nell’aprile del 2006. Ai danni per il contribuente, la decisione di Strasburgo aggiunge la beffa dell’indennizzo agli speculatori. La colpa non è di Strasburgo, ma dell’opacità italiana. Le norme violate sono «oscure e mal formulate» aveva già decretato la Cassazione.

Per Europa 7, le autorità italiane non hanno rispettato «l’obbligo prescritto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo di mettere in atto un quadro legislativo e amministrativo per garantire l’effettivo pluralismo dei media».