Visioni

Connessioni sonore isolane, storie dall’altro lato del mondo

Duo RuutDuo Ruut – foto di Elisa Von Brockdorff

Musica A Malta seconda edizione per Ritmu Roots Festival che celebra la tradizione canora del Ghana

Pubblicato 5 mesi faEdizione del 31 maggio 2024
Ciro De RosaLA VALLETTA

Un tempo la reputazione di Strait Street – o Strada Stretta come è chiamata dagli abitanti di La Valletta – non era delle migliori: luogo di intrattenimento per marinai e soldati stanziati sull’isola. Nella parte famigeratamente conosciuta come «The Gut» sorge lo Splendid Hotel, che da bordello all’epoca del dominio britannico, è in procinto di essere ristrutturato per diventare in un hub culturale in piena regola. Intanto, è stato uno dei centri della seconda edizione del Ritmu Roots Festival (17-25 maggio), organizzato da Festivals Malta, maltabiennale.art e Visit Malta, con il contributo dell’Istituto Italiano di Cultura e di altre istituzioni. Nato dalle ceneri del Ghanafest, Ritmu, diretto dal musicista e ricercatore Andrew Alamango, si configura come una piattaforma per le arti performative tradizionali, favorendo programmi educativi, incontri tra artisti e connessioni tra i suoni del Mediterraneo: «L’idea è di incoraggiare un impegno con la tradizione in modo attivo, affinché la tradizione si evolva e si sviluppi», dice Alamango.

FOCUS sul canto di tradizione orale maltese ghana, tutt’oggi praticato, riconducibile a tre tipologie principali: l-ghana spirtu pront (canto estemporaneo in forma di contrasto verbale), l-ghana tal-fatt (ballata) e l-ghana fil gholi o Bormliha (canto sul registro acuto). È considerata una forma sottoculturale, praticata da gruppi di modesta estrazione sociale; eppure, conserva un vasto pubblico di appassionati ed estimatori. Il genere è diffuso tanto sull’isola quanto nella diaspora maltese australiana. Sulle origini, molti studiosi parlano di una fusione di elementi arabi ed europei o comunque di un’influenza araba, altri riconducono l’ghana a una koiné vocale mediterranea.

Loccisano e De Carolis, foto di Elisa Von Brockdorff

LA MEMORIA di cantori e cantatrici che non ci sono più è resa viva anche da monumenti eretti in loro onore. Nel paesino di Zejtun, poco lontano da Valletta, una serie di statue li rappresenta. Non è un caso che proprio da lì sia partita la rassegna con una festa musicale nel garage-bar di Mikiel Cumbo, conosciuto come L-Izgej (tutti hanno soprannomi a Malta), veterano folksinger specializzato nel modello acuto e melismatico, la Bormliza.
Da parte sua Alamango, già membro della seminale band neo-tradizionale Etnika, si sta adoperando per costruire un archivio dedicato a Frans Baldacchino Il-Budaj, personalità composita di cantore e artista proteiforme, celebrata quest’anno in Il-Qagħda tal-Mument, un’installazione audiovisiva immersiva curata dall’artista multimediale Sarah Chircop. A questa figura del canto maltese e a Cumbo, suo mentore, si ispira la cantante e attrice Mariele Zammit, che percorre le vie del jazz come del teatro, oltre a sviluppare l’arte del ghana. Lo Splendid ha ospitato seminari sulla tradizione della chitarra a Malta, sulla panoplia di strumenti tradizionali locali e siciliani e un’introduzione al laouto cretese e alla chitarra battente.

Nel programma performance, focus, incontri, arti performative

Clou del Festival le serate di venerdì 24 e sabato 25 maggio agli «Argotti Gardens», i giardini botanici di Floriana, a pochi chilometri dalla capitale, risalenti agli inizi del XVIII secolo, oggi parte di una rete botanica del bacino mediterraneo e parte di un progetto di conservazione di specie rare ed endemiche. Qui il duo Ta’ Nofsillejl, ossia i chitarristi George Aquilina e suo figlio Karol – quest’ultimo è un giovane musicista di solida formazione con forti influenze del flamenco – riprendono i patrimoni degli archivi sonori di famiglia. In due session sono intervenuti cantori (ghannej), esponenti di differenti generazioni, esecutori del canto a «botta e risposta», spirtu pront.

Tony Pace, foto di Elisa Von Brockdorff

 

SONO quattro improvvisatori che si rispondono secondo uno schema incrociato di rime su formule testuali tradizionali e su temi stimolati dall’immediatezza del contesto, non privi di passaggi satirici. È consuetudine oggi che le chitarre accompagnino l’ghana: il chitarrista principale improvvisa mentre la seconda chitarra (o anche una terza) fornisce un accompagnamento di solito basato su triadi. Pure, impressiona la Bormliza di Censu Abela tal-Pitrolju, dotato di gran forza vocale nel registro sovracuto. Invece, il chitarrismo di Tony Pace ingloba classicismo ed elementi della tradizione popolare maltese. Il duo calabro-lucano Francesco Loccisano e Marcello De Carolis si distingue per la maestria con cui esalta le potenzialità sonore della chitarra battente, strumento tradizionale un tempo solo di accompagnamento al canto, rimodellato per accentuare la dinamica, le diverse tecniche impiegate, così come i repertori.

Il duo Ta’ Nofsillejl riprende in due session i patrimoni degli archivi di famiglia

L’INCONTRO tra tradizione e personale sensibilità anima anche il Nefalo Project, il suonatore di laouto cretese Giorgis Manolakis e il veterano batterista ateniese Nikos Sidirokastritis. Il sodalizio si nutre di forme tradizionali, si ammanta di jazz e altri sapori sonori assimilati da chi pratica le musiche modali di area mediterranea. Gli etnei Casentuli hanno «portato lu sonu», rivelandosi un trio davvero efficace sul piano dell’organico e della varietà di timbri e repertori proposti, tra cui canti carnevaleschi, canti di lavoro, danze e serenate. Finale con le giovani estoni Duo Ruut (Ann-Lisett Rebane e Katariina Kivi). Poste una di fronte all’altra, condividono un kannel, la cetra tradizionale estone, che diventa strumento a quattro mani pizzicato e percosso usando bastoncini e un archetto, per produrre passaggi melodici, sequenze iterative, bordoni e variegate ritmiche che accompagnano le armonizzazioni vocali. Rivisitano canti appresi dagli archivi etnomusicologici estoni, possiedono doti affabulatorie e una fresca vena autoironica.

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