Al centro delle molte mediazioni messe in campo dal lavoro espositivo che fino al 25 settembre occupa le sale del Palazzo Blu di Pisa, c’è il nostro sguardo, non solo di spettatori, ma anche di cittadini occidentali. Connessioni. Raccontare la speranza è la mostra – rimandata a lungo a causa della pandemia- curata dal prof. Giorgio Bacci e dedicata a 3 opere a fumetti che posano uno sguardo costruttivo sulle storie dell’altro, all’interno del grande tema delle migrazioni: una parola che come spiega Bacci «volutamente non compare nel titolo, a favore di connessioni per evidenziare l’importanza del rapporto e un’idea di identità inclusiva, invitando il visitatore a interessarsi alle opere, sì, ma anche le storie in esse raccontate».

Lamiere
Nelle sale si alternano le tavole e i materiali preparatori di tre fumetti usciti tra il 2018 e il 2019 per Feltrinelli Comics, che collabora all’organizzazione. Si parte da Deep Sea, uno degli slum popolati di Nairobi, dove gli scrittori Giorgio Fontana, Danilo Deninotti e il disegnatore Lucio Ruvidotti si sono recati per documentare e raccontare l’intervento di Rainbow for Africa e dove ci hanno portato con il loro libro Lamiere (del quale avevamo parlato qui https://ilmanifesto.it/nairobi-lingiustizia-in-uno-slum). È proprio uno dei personaggi del libro, padre Carmelo Marengi a svelare apertamente ai visitatori reporter, di conseguenza ai lettori e oggi ai visitatori della mostra, la non neutralità del nostro sguardo: occidentale, globalizzato, postcoloniale, il nostro approccio all’altro è culturalmente viziato e vi è bisogno di decostruirlo per vedere, raccogliere e raccontare la realtà dello slum. La restituzione narrativa e grafica in Lamiere è complessa poiché accosta il reportage sull’intervento umanitario al racconto soggettivo che i tre autori intessono con un approccio intermediale alla realtà nella quale si trovano immersi. Dalla documentazione fotografica, Ruvidotti crea tavole che mischiano la tradizionale china con la grafica digitale, così come il lavoro dialogico di raccolta di informazioni con gli operatori umanitari e il racconto diretto delle storie di coloro che vivono nello slum, confluiscono in una mise en page che fa convivere narrazione documentaristica, intervista e riflessioni, in una dinamica che alterna punto di vista soggettivo, poiché ricrea il nostro sguardo sull’altro, e quello oggettivo tipico del realismo documentaristico. La speranza è quella che si affaccia nei cieli stellati rappresentati da Ruvidotti.

Salvezza
Una speranza di salvezza, parola che dà il titolo a un altro libro in mostra, quello realizzato da Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso a partire dalla loro esperienza a bordo della nave Aquarius, che veniva usata da SOS Méditerranée e Medici senza Frontiere per i salvataggi nella SAR-Search and Rescue Zone. Dalle foto degli autori-esposte in mostra- agli appunti e gli schizzi sui rispettivi taccuini, Rizzo e Bonaccorso raccontano venti giorni di salvataggio e di dissoluzione dei confini a bordo, dove non esistono le diverse provenienze tra le persone soccorse né tra i soccorritori e dove loro stessi, al margine dell’obiettivo giornalistico e artistico di restituire le vicende dei migranti salvati, si mettono in discussione in mansioni di accoglienza, ascolto, infrangendo il confine tra narratori e attori e divenendo parte del racconto. L’approccio grafico di Bonaccorso a questo reportage è delicato, una linea di grafite e un colore dominante- l’arancio dei giubbotti di salvataggio ma anche del piumaggio del pettirosso, piccola mascotte del racconto- e serve a raccontare l’esperienza degli autori, dalle fasi preparatorie alla partenza, così come le storie ascoltate a bordo. E infine a restituire, attraverso un ritratto e un nome, l’identità di chi fugge.

Storie migranti
Qualcosa di simile accade con il ritratto fotografico curato da Nicola Bernardi per il libro che firma con SIO, Storiemigranti, uscito nel 2019 e nato, nelle parole del fotografo «dall’idea degli autori di cercare di esprimersi sull’argomento prendendo le distanze dai numeri e dalle parole ombrello utilizzate in quel momento per affrontare una questione scottante e dolorosa, e restituire così le vite e le storie a chi arriva». Gli autori hanno passato un periodo come volontari all’interno nel centro di solidarietà L’Ancora di Sanremo per ascoltare gli ospiti e si sono posti l’obiettivo di trasmettere nel libro la stessa esperienza che si ha quando si incontra una persona per la prima volta: non se ne conosce né il nome, né la storia, né la provenienza. Lo sguardo è quello reciproco che si rivolge al primo incontro e che si traduce nelle foto ritratto delle persone incontrate, dove non appaiono né nomi, né altri dati. Una pratica rappresentativa che ha l’effetto di smontare il pregiudizio ed evitare retoriche pietistiche e nel libro è raggiunto anche attraverso la richiesta degli autori agli intervistati di raccontare una storia e non necessariamente la propria, o quella del viaggio che li ha portati in Europa. Così al ritratto fotografico segue il fumetto di SIO dove si racconta la storia raccolta e il risultato corale dei trentadue contributi è sorprendentemente dinamico, spiazzante per la sua ironia e commovente nella sua parte realistica.

La varietà dei materiali in mostra disposti in sale diverse del Palazzo Blu è notevole, e di nuovo appropriata per il fine di rilanciare il senso dell’operazione espositiva contenuto nel titolo Connessioni, se si pensa alle possibilità del linguaggio a fumetti, per sua natura ibrido e costruito da un doppio codice iconico e verbale, perfetto per decostruire un approccio univoco alla realtà.

Linguaggio ibrido
Come fa notare Giorgio Bacci «nel fumetto probabilmente si condensano caratteristiche che contraddistinguono istanze dell’arte contemporanea attuale: con il termine immagine migrante si intende un materiale che transita dal video, alla fotografia, alla scultura, in un processo di rimediazione delle opere. Il fumetto come mezzo espressivo misto e nuovo rispetto alle forme artistiche sedimentate è in grado di raccontare e quindi sviluppare un rapporto dinamico con il lettore e lo spettatore».

Nella redazione del catalogo, pubblicato da Felici Editore, che riunisce approfondimenti critici e materiali esposti, il curatore propone agli autori coinvolti, rimandano lo stesso invito agli spettatori, una riflessione sui tre assi portanti dell’esposizione: confini, sguardi e connessioni. «La mostra- puntualizza Bacci- è un modo per entrare nel dibattito sul ruolo dell’arte contemporanea nell’attualità politica e culturale. Per questo, mischia volutamente diversi linguaggi: video, fotografie, chine, acquerelli e tecniche digitali, nell’intento di ricostruire un ipotetico viaggio di una migrante africano a partire da uno slum di Nairobi, dove si svolge il reportage di Lamiere, per raccontarne il viaggio a bordo di un barcone, il salvataggio e l’accoglienza. La speranza-parola che ritroviamo nel sottotitolo della mostra e che è filo conduttore dei lavori esposti- è anche quella che risiede in uno sguardo nuovo, non più retto dalla relazione centro-periferia, ma che vuole mettere in discussione e aprire confini e orizzonti, uno sguardo libero da pietismo ma che nella condivisione delle storie e nella loro fruizione vuole farsi attivo».