Con la chiusura generalizzata di tutte le scuole – in Lombardia, Emilia, Veneto e Piemonte va avanti dal 24 febbraio – la totalità dei genitori italiani con figli piccoli è in emergenza lavorativa. Dove l’aiuto dei nonni – a cui il decreto «raccomanda» di rimanere a casa – non c’è o non basta, arrivano le baby sitter. Le alternative sono il telelavoro o, alla peggio, le ferie forzate.

Il governo sta valutando il problema, ma per ora siamo solo alle ipotesi, alcune legislativamente impraticabili. «Sto pensando a possibilità di sostegno per i costi delle baby sitter, con i voucher», ha detto la ministra per la Famiglia, Elena Bonetti ipotizzando anche «congedi straordinari per i genitori» e confermando al termine del consiglio dei ministri che «già la prossima settimana avremo qualche proposta da mettere in campo».

Se il congedo parentale facoltativo per i genitori con «contratto di lavoro dipendente» – esclusi quindi gli autonomi, per le madri è previsto solo nel primo anno di vita del bambino – è uno strumento già previsto, la parola «voucher» evoca ricordi divisivi. I genitori con figli sotto i 12 anni hanno la facoltà di astenersi dal lavoro ma la copertura dell’Inps è pari al 30 per cento della retribuzione media giornaliera solo con figli fino a 6 anni (che si alzano a 8 in caso di redditi bassi). Anche la procedura per la domanda per accedere ai permessi retribuiti non si presta alla situazione di emergenza: la richiesta va fatta sul sito dell’Inps prima del periodo di congedo. «L’indennità è anticipata dal datore di lavoro». Nel caso in cui sia il padre a richiederlo, «deve comunicare al proprio datore di lavoro le date del congedo almeno 15 giorni prima». L’ultima legge di bilancio ha confermata la possibilità di fruire «di un giorno di congedo facoltativo in alternativa alla madre».

L’ipotesi allo studio del governo è quello del congedo straordinario che potrebbe tradursi nella sostanziale richiesta di aspettativa non retribuita anche da parte di coloro che hanno esaurito il congedo parentale per età del figlio (12 anni) o per giorni (10 mesi in totale tra entrambi in genitori).

Quanto ai «voucher» per le baby sitter, il referendum della Cgil nel 2017 portò l’allora governo Gentiloni a cancellare lo strumento dei voucher per evitare il voto referendario. Dopo solo due mesi però lo stesso governo introdusse il «Libretto per le famiglie». Si tratta di uno strumento molto poco utilizzato e comunque – a differenza dei voucher che si potevano acquistare perfino in tabaccheria – normato dall’Inps. Famiglie e baby sitter devono registrarsi «alla piattaforma». Le famiglie acquistano i «titoli di pagamento da 10 euro – compresi contributi previdenziali e Inail – e devono comunicare ogni singola prestazione – sotto i 5mila euro annui – entro un mese. È poi l’Inps a erogare «i compensi pattuiti» alla baby sitter.

Vedremo se e come il governo modificherà la normativa attuale.

Esiste poi la cosiddetta «Banca ore». Consente l’accantonamento di ore di straordinario, da utilizzare per assentarsi dal lavoro: bisogna però seguire le modalità di fruizione fissate dai diversi contratti collettivi.

Per i lavoratori in stato di quarantena assistito invece l’assenza giustificata per malattia, in quanto trattamento sanitario. Ogni altra ipotesi, invece, è esclusa – prudenza, timore del contagio – da qualsiasi normativa ed utilizzabile solo con l’uso delle ferie.

Sono poi stati snellite le norme per lo smart working e il lavoro da remoto: sia l’azienda che il lavoratore possono chiederlo, se le modalità di lavoro lo consentono, ma l’impresa lo può rifiutare al lavoratore se non compatibile con le proprie esigenze organizzative.

Ieri è arrivato l’impegno in questo senso di Fastweb. L’azienda di telecomunicazioni ha deciso di applicare lo smart working a tutti i lavoratori «come misura cautelativa per contenere l’epidemia di coronavirus». Una notizia accolta positivamente dal sindacato. «Non possiamo che evidenziare positivamente il coraggio dimostrato dalla dirigenza di Fastweb», commenta Riccardo Saccone, segretario nazionaleSlc Cgil. «Senza inventare procedure al limite del codice della privacy, o misure che occhieggiano da una parte alla sicurezza delle persone e dall’altra al conto economico, Fastweb ha semplicemente introdotto lo smart working per tutta la propria platea lavorativa, compresi i lavoratori dei call center». L’azienda così accetta di sostenere uno sforzo economico, scommettendo sulla responsabilizzazione delle persone.