Michel Marc Bouchard è un drammaturgo canadese che si è guadagnato una meritata fama in tutto il mondo. In Italia non è troppo frequentato, ma di recente ben due testi sono andati in scena a Roma. Uno, Le muse orfane si rivela (all’Argot Studio) particolarmente affascinante, nel suo mistero lontano che si svela molto vicino a ciascuno di noi. Paolo Zuccari firma la regia ed è uno dei protagonisti, assieme a Antonella Attili, Stefania Micheli e Elodie Treccani. Un fratello e tre sorelle abbandonati da bambini dalla loro madre, partita per l’Europa con un nuovo amore, alla morte del padre. Una di loro, lesbica, si è arruolata nell’esercito, gli altri tre vivono la casa antica, rinserrati in difesa rispetto all’esterno.

Lui scrive un romanzo che non è mai in grado di terminare, la più grande sevizia la più piccola tra divieti e dispetti. Quattro vite sfiorite, la cui solitudine inacidisce ogni umanità. Si ritrovano per un improvviso appuntamento: pare che la madre ritorni. E tornano a scoppiare con virulenza anche i conflitti. Eppure in ogni gesto, in ogni parola si riconosce un fascino ambiguo, di debolezze e di legami, sempre incapaci di ragione o di tenerezza. Sempre sulla soglia dell’esasperazione se non della follia, sempre segnati dall’antica privazione.

Un testo ben costruito, che nella tragedia concede anche qualche sorriso nelle ironiche sfumature , e uno spettacolo affascinante, con le interpreti delle tre sorelle al meglio, ma senza mai strafare. Zuccari ha un triplice compito: oltre a firmare la regia, orchestra la famiglia e i suoi eccessi, nei panni del fratello in eterna tensione scrittoria, e anche della madre fantasma. C’è un pizzico di Hitchcock in quella casa, e quel sapore di commedia che ben rappresenta le situazioni più assurde, ma così vicine a quelle di tutti i giorni.