Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha colto ieri l’occasione della presentazione del rapporto del centro studi della sua organizzazione sulla crisi economica per attaccare di nuovo i sindacati sulla contrattazione e ribadire al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri seduto accanto quella che dev’essere a suo parere la centralità nella pandemia del Covid: contenimento dei salari contrapposti al welfare, priorità all’«industria» che sarebbe il «locomotore» di una «ripresa» occultando il ruolo dei lavoratori senza i quali quel locomotore resterebbe fermo. Considerati i dati della crisi economica (meno 410 mila occupati nel 2020, meno 230 mila nel 202, con un crollo del 10% del Pil quest’anno e una ripresa del 4% nel 2021) l’aggressività padronale di cui fa sfoggio Bonomi è anche dettata dall’esigenza di assicurare ai suoi rappresentati i sussidi e spuntare condizioni favorevoli per ricevere i fondi del Recovery fund. Richieste davanti alle quali il governo non si è sottratto, a cominciare dal taglio dell’Irap alle imprese fino a 250 milioni di fatturato, anche a quelle che hanno continuato a lavorare nel «lockdown» e hanno usufruito della cassa integrazione per contenere i salari e aumentare i profitti. Anche in epoca pandemica il conflitto di classe dall’alto visto negli ultimi 40 anni si farà sentire e al capitale l’appetito viene mangiando. Si tratta di capire se dall’altra parte, anche da parte sindacale, ci sarà una risposta offensiva.

«I SINDACATI – ha detto Bonomi – rispettino le regole firmate due anni fa o si assumano la responsabilità di dire ai lavoratori che puntano solo ad un aumento del salario rinunciando al welfare alla formazione e all’assistenza e previdenza. Se non sono d’accordo ce lo dicano, basta essere chiari e ci mettiamo intorno ad un tavolo a ragionare di altro. Se però vogliono un salario variabile indipendente…i numeri di oggi li abbiamo visti tutti». In questo passaggio Bonomi si è riferito allo scontro in atto sul salario sul contratto dei metalmeccanici che ha portato a scioperi spontanei e poi alla convocazione dello sciopero il 5 novembre. È stata la reazione alla proposta avanzata dalle confindustriali Federmeccanica e Assital di aumento dei salari di 40 euro lordi per tre anni, in linea con l’Ipca, l’indice che misura il tasso d’inflazione armonizzato per i Paesi dell’Ue. Questo meccanismo non funziona più in un’epoca di deflazione come la nostra. Bonomi sostiene che «non è colpa nostra se l’inflazione è bassa». Appunto, è proprio questo il problema. Per i sindacati la proposta è inaccettabile e chiedono un aumento di 145 euro lordi in tre anni. Fanno una valutazione politica della situazione e parlano dei sacrifici a cui i lavoratori sono stati costretti in questi mesi di cassa integrazione e rischio di licenziamento. Senza contare i prossimi. La crisi del Covid non è finita. In più, Federmeccanica avrebbe deciso il blocco dei salari prima della pandemia.

L’INTERPRETAZIONE data ieri da Bonomi è significativa del punto di vista della sua organizzazione. I sindacati penserebbero al salario come «variabile indipendente». Ammesso che sia così, sarebbe una buona notizia, non per i capitalisti. Bonomi contrappone questo salario al welfare. «Se il sindacato non ha più interesse queste regole lo dica». La contrapposizione è falsa perché i sindacati sono interessati anche al Welfare (aziendale). Insomma, il nuovo conflitto sui contratti è aperto. Un assaggio c’è stato sul contratto dell’agroalimentare. Un duro passaggio che sta volgendo a favore dei sindacati di settore. Ieri da Piazza del popolo il segretario Cgil Landini ha ricordato che ci sono oltre 10 milioni di lavoratori in attesa di rinnovo. Se Confindustria mantiene le posizioni di Bonomi è possibile un’estensione della conflittualità sindacale. Nel suo intervento ieri Gualtieri è stato interlocutorio con Bonomi sulla questione «plastic e sugar tax». «Rifletteremo sulle proposte» ha detto. Bonomi ha chiesto una moratoria di sei mesi sulle tasse che scatteranno da gennaio. Tra i due c’è intesa sul potenziamento del «piano Industria 4.0»: fondi alle imprese manifatturiere per finanziare il loro passaggio tecnologico. Con Confindustria, ha aggiunto Gualtieri, c’è «notevole sintonia», sia sulle stime macroeconomiche sia «nella policy». Ma il diavolo sta nei dettagli. Giunti a un «bivio cruciale» la parola potrebbe, una volta tanto, passare al conflitto.