Gli Howeitat nella regione nordoccidentale dell’Arabia saudita ci vivono da secoli. Da prima che i Saud, adottato il wahhabismo, si proclamassero unilateralmente custodi di Mecca e Medina e realizzassero poi le loro ambizioni territoriali grazie al petrolio e agli appetiti del colonialismo occidentale. E credevano di poter continuare la loro tranquilla esistenza in quell’area lontana dallo sfarzo edilizio e tecnologico delle grandi città saudite. Non avevano fatto i conti con i progetti oltremodo ambiziosi del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Mbs), di fatto già alla guida del regno, uno che non si fa scrupoli quando deve liberarsi di chi prova ad ostacolare il suo cammino.

Lo provano gli arresti qualche anno fa di decine di principi e membri della sua famiglia e nel 2018 l’uccisione del giornalista Jamal Khashoggi di cui è ritenuto il mandante da più parti, anche dalla Cia.  Un rapporto, The Dark Side of Neom, dell’organizzazione per i diritti umani araba Alqst, pubblicato il 16 febbraio, denuncia che circa 47 membri della tribù Howeitat sono stati arrestati con l’accusa di resistenza allo sgombero dall’area in cui è in costruzione la megalopoli Neom, il più faraonico dei progetti avviati dall’erede al trono saudita per soddisfare la sua mania di grandezza.

Quindici membri della tribù, rivela Alqst, sono stati condannati a pene che vanno da 15 fino a 50 anni di carcere, otto sono stati rilasciati dalla detenzione, altri 19 sono detenuti in attesa di verdetto. Lo scorso ottobre un tribunale saudita aveva condannato a morte tre Howeitat: Shadli, Atallah e Ibrahim al Howeiti. Tutti e tre si erano espressi contro lo sfratto della loro tribù decisa dalle autorità saudite per far posto a Neom.

«Queste sentenze scioccanti – ha scritto Alqst – mostrano le misure crudeli che le autorità saudite sono disposte a prendere pur di punire i membri della tribù Howeitat che hanno protestato contro lo sgombero forzato dalle loro case». Tutto è cominciato nel marzo 2020 quando le forze speciali saudite fecero irruzione nelle case di coloro che si opponevano allo sgombero. Venti Howeitat furono ammanettati per aver protestato contro l’arresto di un ragazzino. Poi Abdul Rahim al Howeiti, attivista dei diritti della sua tribù, fu ucciso a colpi di arma da fuoco poco dopo aver realizzato video su quanto stava accadendo.

Suo nipote Ahmed al Huwaiti venne arrestato e condannato prima a cinque anni e poi in appello a 21 anni di carcere per «aver cercato di destabilizzare e lacerare il tessuto sociale e la coesione nazionale». Maha al Huwaiti è stata arrestata nel febbraio 2021 per aver twittato sull’aumento del costo della vita e pianto la morte di al Huwaiti. Inizialmente è stata condannata a un anno di reclusione poi in appello a tre anni. Nell’agosto 2022 è stata processata nuovamente per le stesse accuse e punita con 23 anni di prigione.

Il rapporto rileva che la repressione e le pene detentive si sono fatte più dure in coincidenza con la riabilitazione da parte dell’Occidente di Mohammed bin Salman per l’omicidio di Jamal Khashoggi. «La correlazione è chiara. Più Mbs viene riabilitato più le cose peggiorano», ha dichiarato a un giornale online Lina al Hathloul, attivista saudita dei diritti umani e responsabile delle comunicazioni di Alqst. Al Hathloul ha fatto notare che in seguito alle visite ufficiali in Arabia saudita dell’ex primo ministro britannico Boris Johnson e del presidente degli Stati uniti Joe Biden c’è stata «un’ondata di esecuzioni» e di «condanne a lunghe detenzioni senza precedenti».

Neom costerà 500 miliardi di dollari, sarà 33 volte più grande di New York e si estenderà per 170 chilometri in linea retta nella provincia di Tabuk. Avrà anche una stazione sciistica, Trojena, unica candidata per i Giochi asiatici invernali del 2029. L’Arabia saudita sarà il primo paese del Medio oriente ad ospitarli. Il resort dovrebbe essere completato nel 2026 e offrirà sci all’aperto, un lago d’acqua dolce artificiale e una riserva naturale.

Di fronte ai tanti miliardi che saranno investiti per Neom, alle famiglie Howeitat sono state fatte promesse di risarcimento mai mantenute. Le autorità hanno respinto le richieste di chi voleva essere reinsediato nelle immediate vicinanze delle loro case offrendo loro 620.000 riyal (150mila euro) per essere ricollocati più lontano. In realtà, ha riferito Alqst, ai destinatari sono dati solo 17.000 riyal (4200 euro). Così la maggior parte degli sfrattati è stata costretta ad acquistare case nelle aree più povere e degradate della provincia di Tabuk.