Non arrivano buone notizie per gli operatori dello spettacolo dal vivo, costretti allo stop forzato ormai da otto mesi a causa della pandemia. Un futuro ancora nebuloso, anche perché assente quasi completamente dal dibattito politico su aiuti e programmazioni. Leggendo però tra le righe del «piano vaccinale Arcuri» si possono trovare delle risposte indirette alla domanda sul quando grandi eventi e spettacoli torneranno a regalare emozioni al pubblico e lavoro alle maestranze. Ci vorranno almeno 7 mesi per somministrare il vaccino a 30 milioni di persone: secondo Giovanni Rezza (ISS) infatti l’immunità di gregge si raggiunge con 40 milioni di vaccinati. Possiamo quindi desumere che per i grandi raduni si dovrà aspettare il prossimo autunno/inverno.

ERGO LA PROSSIMA estate è inutile farsi illusioni: i concerti (dal punto di vista legislativo) sarànno tenuti, con tutta probabilità e al netto di nuovi picchi, nella stessa modalità dell’estate 2020: pubblico ristretto e distanziamento. Questa quasi certezza potrebbe certamente stimolare un ripensamento, temporaneo, delle modalità di organizzazione degli eventi: possibilità di effettuare più show nella stessa città, alleggerire le produzioni e abbassare i costi (nel rispetto della sostenibilità degli artisti), e pretendere un protocollo sanitario che superi definitivamente le ambiguità del momento. Per esempio a tutt’oggi stadi, palazzetti, cinema, sale concerti e teatri chiusi mentre chiese e funzioni religiose sono permesse. Il dibattito si è trasferito negli scorsi giorno al Mibact: ora il Governo, assieme alle Regioni, dovrà necessariamente trovare forme di sostegno alla filiera per tutto il 2021; reddito e soluzioni mirate per organizzatori e luoghi di spettacolo. L’occhio di riguardo, oltre che per le maestranze, deve essere rivolto ai medio piccoli club/teatri/circoli, festival, organizzatori ed agenzie indipendenti. La scomparsa di questo humus segnerebbe una pesante ipoteca sul futuro dello spettacolo nel nostro paese.

«PER LA RIPRESA a pieno regime quello che ci auspichiamo è una presa di coscienza collettiva di tutti i soggetti coinvolti nel nostro variegato mondo – dice Francesco Pitillo del Bloom di Mezzago, tra i primi club della storia d’Italia – se non si comprende che siamo tutti interdipendenti e co-protagonisti si ripartirà già col piede sbagliato. I locali sopravvissuti avranno poco margine di rischio economico e poca possibilità di investimento. Il vero lavoro sarà quindi arrivare ad intese con agenzie e artisti dove si possa ragionare su regole di mercato che salvaguardino la sostenibilità economica di tutti i soggetti coinvolti onde evitare che a pagarne il prezzo più alto sia il vero protagonista del nostro settore cioè il pubblico». Tiziana Seregni organizzatrice di concerti con Hub Music Factory ricorda: «Ci si è fermati a fine febbraio 2020 ma nel mondo dello spettacolo ci sono grosse diversità: il FUS continua a percepire i fondi statali e richiede quelli per l’emergenza, le multinazionali siedono su centinaia di milioni di biglietti non rimborsati e hanno ricevuto ristori milionari da parte del Mibact e poi c’è la stragrande maggioranza di piccoli e medi operatori indipendenti che senza una politica mirata a loro sostegno rischiano seriamente di non sopravvivere a lungo dopo l’attesa ripartenza». E per la voce dei Marlene Kuntz, Cristiano Godano: «Un buon 90% della musica che si produce nel mondo ha due enormi problemi, uno strutturale con le piattaforme che pagano cifre ridicole e uno contingente ovveo il Covid che rende impossibili i live».