La figura veramente ridicola che personalmente feci davanti a  Franca Rame me la ricordo come fosse oggi.

Bella ciaoLa senatrice Franca Rame faceva parte della Commissione Senatoriale per indagare sull’uranio impoverito, ed io ero Consulente di quella Commissione. Eravamo nel 2007. Era uno dei tanti aspetti nei quali Franca esplicitava la sua lotta, il suo impegno, la sua militanza. Molti altri già ne scriveranno, io voglio invece raccontare il mio ricordo personale.

Ci eravamo visti a Torino nel 2005, quando si fece la prima grande manifestazione torinese per il NOTAV, dopo i fatti di Venaus. Invece per “l’uranio” ci sentimmo varie volte al telefono e ci incontrammo in Senato durante le audizioni in cui la Commissione ascoltò le mie relazioni.

Oggi, al Piccolo Teatro, Dario per FrancaFranca era molto impegnata ed attenta sull’argomento dell’Uranio impoverito, mi rivolgeva domande, chiedeva supporto per dirimere i tecnicismi, voleva essere efficace. Dietro sua proposta, ci demmo subito del tu, e lavorammo in maniera ottima.

Nell’ultima riunione cui presenziai, nel dicembre del 2007, successe il fattaccio. Avevo consegnato a tutti una copia cartacea della relazione di quel giorno, e ne conservavo una per me. Alla fine della riunione, mi avvicinai a Franca Rame per salutarla, e qui dissi, tenendo in mano la mia copia della Relazione: “SIGNORA Rame, mi scusi se la disturbo, ma insomma, vede, io, non so, se posso chiederle un autografo, perché sa, io, ehm, sono sempre stato un suo grandissimo ammiratore, e quindi, insomma, non so se posso permettermi…” e veramente mi rivolsi così a Franca, dandole del lei e diventando rosso in viso e fino alla punta delle orecchie.

Franca era una grande donna, in ogni senso, e probabilmente aveva una certa consuetudine nel trattare con ammiratori totalmente nel pallone ed assolutamente conquistati, come ero io. Magari – forse – non si aspettava di trovarne uno anche in Commissione Uranio al Senato, nei panni di un serio professore e consulente. Si mise a ridere, ma lievemente, come poteva ridere una madre di un figlio che le confessava una innocente marachella, e mi disse:  “Ma professore (anche lei dandomi “del lei”), mi pare un po’ improprio, sono io che dovrei chiedere a lei un autografo, lei è un grande esperto in materia… beh beh, dia qui, suvvia…”.

Prese la mia copia e scrisse “…con un po’ di imbarazzo, ma con affetto. Franca Rame“.

A quel punto mi ripigliai dal coccolone e ci facemmo una gran risata. Però quella Relazione me la tenni stretta e la conservo. Evitai di fare l’ulteriore magrissima figura di chiederle una foto insieme, anche se poi ogni tanto me ne sono pentito.

Ci sentimmo altre volte, poi, sia con Franca che con Dario, ancora in occasione delle lotte universitarie di mobilitazione contro la Gelmini alla fine del 2010, quando ad un certo punto dovevo andarli a prendere sotto casa per portarli a parlare al mio Politecnico, a Torino. Ma quel giorno Dario non stava molto bene e non riuscimmo a farcela.

Oggi, per  tutta stanotte e fino a domattina, al Piccolo Teatro di Milano, c’è la camera ardente per Franca.

Dario Fo questa mattina era lì davanti.  Accoglieva le persone all’ingresso,  faceva per lei da cerimoniere. Come se Franca fosse dentro il teatro per un’iniziativa delle sue;  lui stringeva le mani a tutti, con tutti parlava, tutti ringraziava.

Dario Fo, oggiDario Fo – vedendolo – era un uomo addolorato, ma non piegato. Fiero di lei, oltre la morte, per quello che lei è stata per lui e per tutti, per quello che insieme hanno costruito, dato e ricevuto, nel tempo.

Con un po’ di imbarazzo, ma con affetto, Franca, io te lo dico adesso: non si poteva non essere innamorati di te.

Massimo Zucchetti, tuo ammiratore.

P.S. – Ringrazio Anna Migotto. Sue sono le foto e sue sono le impressioni di oggi, al Piccolo Teatro di Milano. Grazie.