Al recente congresso di Sel, è stato utilizzato il termine «terra di mezzo» per cercare di far quadrare la necessità di una scelta netta, quella per Tsipras, con la convinzione che «l’alternativa» non coincide con la sinistra che c’è. Banalizzato il concetto può essere bollato come un classico del politichese corrente. Ma sarebbe un peccato lasciarlo lì, involgarito dalle italiche miserie. «Terra di mezzo» invece offre molti spunti: se riferito a ciò che può fare la politica istituzionale, è utile. Quando parliamo di Tsipras, parliamo di una lista elettorale per le europee. Non stiamo discutendo di alcuna rivoluzione, ma dell’entrata in un campo avverso al cambiamento, quello della rappresentanza istituzionale, e dell’utilizzo delle sue contraddizioni per tentare di fare spazio a qualcosa di nuovo. Chi si richiama alla purezza, ha sbagliato indirizzo: l’Europarlamento, e i parlamenti in genere sono parte del problema, e non parte della soluzione. Quindi la scelta di Tsipras ha valore solo se ne coglie il carattere di anomalia, e la potenzialità in termini di destabilizzazione di un quadro che si vorrebbe composto a priori.

Un’irrequieta «terra di mezzo» dunque, e non i tranquilli pascoli della rappresentanza identitaria, dovrebbe esserne l’obiettivo. Una terra «abitata dagli uomini», direbbe Tolkien, nella quale però anche un hobbit può far accadere l’imprevedibile. Lo stesso Tsipras la rappresenta: un leader di sinistra che è europeista radicale, e che ha sempre sostenuto che i problemi della Grecia si risolvono in un’altra Europa, tutta da costruire.

Non è stato forse il mutismo politico di un’Europa ostaggio degli interessi mercantili, di volta in volta coagulati all’interno dei confini di qualche suo stato membro, a trasformare i sogni di diritti e democrazia delle primavere arabe, in restyling di nuove dittature? E a Kiev, non è il vuoto lasciato da un’Europa ancora concentrata sul suo baricentro atlantico già finito da tempo, ad aver fatto spazio ai nazisti di tutte le risme? Oggi siamo giunti a un momento di svolta nella gestione della crisi capitalistica, anche in Europa: la «ristrutturazione» di sistema, operata utilizzando la crisi e affidata in gran parte alle oligarchie tecnico-finanziarie, mostra il suo limite.

L’azione della dittatura commissaria, scaricata sulla testa di milioni di persone in nome dell’Europa senza che vi fosse l’Europa, ha provocato un disastro sociale. Raggiungere il limite, per il capitalismo, non ha mai significato tornare indietro. Ma invece adeguarsi, in forma di governo politico, a gestire i nuovi livelli di valorizzazione, e reggere le contraddizioni sociali da essi provocate. Anche il capitalismo e le sue forme di governance hanno bisogno in Europa di unità e omogeneità, come ne hanno bisogno le lotte sociali. Una tenuta sociale e politica, quella del capitale, finalizzata all’accumulazione «estrattiva» operata sul welfare, sui beni comuni, sulla vita intera. Come interpretare altrimenti l’intervento sui salari minimi di Obama, tale e quale a quello tedesco? Come ignorare il «grido di dolore» dei rentier di Wall Street che denunciano imminenti persecuzioni fiscali verso i loro immensi patrimoni? Qui sta la «terra di mezzo», quella dove tutto può accadere, tra spinte sociali all’alternativa e contraddizioni capitalistiche nella tenuta di sistema. Se il conflitto di nuovi movimenti costituenti che attraversano l’Europa incontrasse un’azione istituzionale che non presume di rappresentarli, ma punta invece a fare loro spazio, agevolando la costruzione di nuove istituzioni e nuovi diritti, è allora che si potrà sperare nel cambiamento per una nuova Europa. I casi Eletrolux e Fiat ci parlano della necessità di un reddito minimo europeo. La rivolta per una fiscalità progressiva europea che colpisca la rendita e non chi lavora non è roba da Forconi, ma nostra. Come lo è la conversione ecologica della produzione. E la lotta alla diseguaglianza e all’impoverimento. Per navigare nelle contraddizioni della «terra di mezzo», abbiamo bisogno di un vascello pirata, non di una scialuppa per naufraghi.