Johan Huizinga ha puntualizzato bene i raccordi e le diverse inflessioni che si determinano, tra letteratura e arti figurative nell’Olanda del Seicento, allorché rileva “che la letteratura molto più delle arti figurative resta attaccata a vecchie forme, schemi, modelli e autorità”. Una constatazione, questa, che, precisa Huizinga, va contestualmente collegata alla dominanza che le arti figurative (ma in primo luogo la pittura) si sono all’epoca assicurate, fino al punto che, sottolinea, va preso atto “che il poeta olandese, in generale, aveva una sensibilità eminentemente visiva. Vedeva le cose come le vedeva il pittore”. Come a dire che le opere letterarie e di poesia che pur si attenevano o, quanto meno, tenevano in debito conto i modelli cinquecenteschi, classici e umanistici, sarebbero state condizionate (dall’interno, per dir così, e non sempre con la consapevolezza degli autori) da un vedere che ne imporrebbe, come in filigrana, la specifica cifra poetica, oltre che stilistica. Ma in che senso i drammi, poniamo il sommo Lucifero di Joost van den Vondel (1587-1680), sono ‘quadri’? Come agisce la sensibilità visiva non solo nella formulazione d’una singola frase, ma in una intera composizione narrativa o drammatica? Huizinga, riconosciuta la qualità “orchestrale, nel senso più pieno del termine,” dell’opera di Vondel argomenta: “la metafora auditiva si trasforma subito per noi in metafora visiva: la poesia di Vondel è di una policromia ineguagliabile. Tuttavia quella policromia non diventa mai miscuglio di colori; resta pittura, gioco di colori. Le metafore ci fanno passare continuamente dalla sfera di un senso a quella di un altro, o meglio abbracciare le sfere di tutti gli organi sensoriali”. L’arte intesa a trattenere secondo una forma appropriata la dimensione sensoriale immediata, allora. L’opera (di poesia, di pittura) quale restituzione diretta di una condizione effettuale dei sensi, vivi e in atto, afferrati nel loro svolgersi costante, e qui, nell’opera d’arte, quasi estratti in purezza, decantati liberi nella loro coesistenza plurale, molteplice e concomitante. Così, hic et nunc, qui e ora vista e udito congiunti e reversibili nella sigla poetica che è il medesimo della immagine pittorica. Diciamo la ricerca pittorica nel suo insieme, ma, in quei pochi decenni del Seicento, è in particolar modo l’affermarsi della pittura di paesaggio che comportò, in Olanda, una variazione profonda dei rapporti tra poesia e pittura. Rispetto al coevo, imperante lessico barocco, in Europa, nei cent’anni successivi, le conseguenze si mostreranno con più evidenza vuoi nelle elaborazioni estetiche approntate e discusse e vuoi nelle opere realizzate. Infatti, ci dice Huizinga, “il classicismo restò in secondo piano, e lo spirito continuò a librarsi nelle sfere delle pianure e delle dune olandesi, quelle stesse ove un Ruisdael e un Cuyp trovarono la loro più nobile ispirazione”. Non v’ha dubbio che quello spirito, ovvero quell’aderire all’hic et nunc, è mirabilmente esaltato nella Veduta di Haarlem dalle dune di Overveen di Jacob van Ruisdael (1628-1682), un olio su tela che misura cinquantacinque centimetri per sessantadue, ed è conservato a L’Aja presso il Mauritshuis. Fu realizzato intorno al 1670. Il cielo è oggi ingombro di grandi nuvole che tuttavia lasciano ampi squarci di sereno, sicché il sole illumina alcuni brani della pianura d’una luce pulita, chiara. Le nubi vanno e portano sui campi ombre passeggere, vi si adagiano e poi trascorrono via lievi. Accanto alle bianche di bambagia, alcune grigie premoniscono forse leggeri rovesci, ma non è sicuro. Il vento, del resto, non tira che debolmente e regolare, e ferme, o quasi, sono le pale dei mulini. Piuttosto, lassù, assai in alto, alcuni uccelli volteggiano lenti. No, non pioverà. Almeno non prima di sera. Forse stanotte. Possono continuare nel campo pianeggiante a lavorare lungo i seminati, a cogliere e rassettare. Del resto la fattoria è a pochi passi. Sarà questione, se invece piove, di ritirare la biancheria e i lenzuoli stesi ad asciugare. Ma è affare di poco e, comunque, appena mossi dal vento, sono quasi asciutti. Qui e ora.