Depressione. È il sentimento che, almeno questa volta, sta mettendo d’accordo i big del Pd in Sicilia. I dirigenti del partito sono allo sbando. Il nome di Fabrizio Micari è vissuto come una imposizione di Renzi ai ras, quei portatori di voti che devono andare in giro per l’isola a racimolare consensi. E per chi? «Per un signor nessuno?», sbotta un leader di corrente. Nessuno se la sente di metterci la faccia. Almeno per ora. «I miei mi chiamano da Caltanissetta e da Agrigento – aggiunge – Mi chiedono chi sia Micari e come devono comportarsi».
Qualcuno ancora spera che ai piani alti del Nazareno si rendano conto che quello che ripete Rosario Crocetta è vero: «Con Micari è un suicidio politico». «Ma a meno di un big bang, il candidato che dovremo portare in giro sarà Micari», sbuffa un altro dirigente dei dem. Gli uomini più vicini a Crocetta stanno facendo pressioni nel partito perché si valuti «veramente di fare le primarie». «I tempi ci sono – sussurra un esponente dell’area Emiliano – Ricordo che abbiamo organizzato il congresso nazionale in poche settimane, è solo una questione di volontà».

Di nomi il Pd ne avrebbe tanti da spendere, tutti politici: il renziano Davide Faraone, Giuseppe Lupo di areadem, Antonello Cracolici. «Il dibattito Grasso sì / Grasso no ha svilito il partito – sostiene un altro big – Il metodo è stato assolutamente sbagliato; gli organismi di partito non sono mai stati coinvolti, la base non capisce, è stordita. Stiamo andando verso il baratro e tutti ne siamo coscienti». Due le variabili che contribuiscono a rendere il clima ancora più pesante in casa dem. Innanzitutto, Rosario Crocetta. Anche i più acerrimi nemici del governatore ammettono che il partito ha toccato il fondo per il modo in cui ha trattato il presidente uscente: «L’abbiamo attaccato, rimaniamo in giunta e ora che facciamo? Lo scarichiamo così? È veramente squallido, il nostro popolo non è stupido». Il timore dei ras è che se il partito non riuscisse a convincere Crocetta, irremovibile sulla decisione di candidarsi anche da solo se non si faranno le primarie, il governatore potrebbe chiedere agli assessori del Pd di uscire dalla giunta oppure di revocare le nomine. «Significa perdere posti cruciali nell’amministrazione a due mesi dalle elezioni», ammette un deputato regionale.
Sono 6 su 12 gli assessori del Pd e tutti in posti chiave: economia, sanità, agricoltura, energia, formazione, turismo. Crocetta in questo momento spera ancora che il suo partito abbandoni l’ipotesi Micari, ma i margini, sussurrano esponenti dem, non ci sono. Appare quindi probabile che Crocetta azzeri la giunta per formare un governo del presidente, in questo caso salterebbe il 90% della giunta. «Una catastrofe», sostiene una parlamentare dem.

Poi c’è il secondo aspetto. Terrorizzante. La composizione delle liste. Da quest’anno sono 70 gli scranni dell’Assemblea da conquistare, non più 90. I dirigenti stanno già facendo conti alla mano sulle candidature. E la coperta è davvero corta. Chi ha dimestichezza con numeri e legge elettorale spiega che il problema sono le tre grandi città metropolitane: Palermo, Catania e Messina. «Quanti deputati realisticamente riusciremo a eleggere in questo clima di paura e depressione col nostro candidato Micari dato da alcuni sondaggi sotto il 20%?» è la sconfortata domanda. Ecco prefigurarsi all’orizzonte due scenari: lo strapotere di alcuni big con il conseguente disimpegno da parte di altri dirigenti, pronti a candidare i propri uomini magari nella lista dei territori di Leoluca Orlando oppure in quella di «Sicilia futura», il movimento dell’ex ministro Totò Cardinale, legatissimo a Renzi e a Orlando. «Ciò significa per il Pd lo sfaldamento totale», afferma un capocorrente.
I big insomma si sentono sotto scopa. Anche perché i leader romani, uno alla volta, dettano la linea un giorno sì e l’altro pure: prima Andrea Orlando e poi Maurizio Martina hanno fatto il loro endorsement per Micari. Chi è uscito allo scoperto è invece Enzo Bianco, non direttamente però. Il sindaco di Catania ha affidato a Francesco Marano, vice segretario del Pd siciliano, la linea del liberal: «La modalità di scelta di Micari risulta troppo palermocentrica e indebolisce la nostra proposta per la Sicilia».