C’è voluto un blitz del premier Conte e del ministro Di Maio a Bengasi, roccaforte del generale Haftar, per liberare dopo 108 giorni i 18 pescatori sequestrati e imprigionati in Libia, dal primo settembre. E se le famiglie dei marittimi esultano dopo tre mesi da incubo, la questione ora è tutta politica. La Lega ha già chiesto che il governo riferisca in Parlamento per capire quale sia a questo punto il ruolo dell’Italia nella crisi libica e dunque nello scacchiere internazionale. «Avevamo promesso di portarli a casa entro Natale e lo abbiamo fatto», ha detto Di Maio al termine del colloquio con l’uomo forte della Cirenaica, mentre Sergio Mattarella, informato da Conte, esprimeva la sua soddisfazione.

APPENA TRE GIORNI fa il governo aveva affrontato la questione col premier libico Fayez al-Sarraj (e grande nemico di Haftar), ufficialmente in visita «privata» a Roma. E, solo 24 ore dopo, l’argomento è stato al centro del vertice, a Palazzo Chigi, su Regeni, in una triangolazione che non può non guardare allo stretto rapporto tra l’Egitto di Al Sisi e Haftar. Posizionamenti o riposizionamenti? Il partito di Salvini alza il tito. «Terminata la sfilata in Libia in compagnia del ministro degli Esteri – attaccano i deputati della Lega Paolo Formentini ed Eugenio Zoffili – ora Conte chiarisca subito in Parlamento se sosteniamo il governo di al-Sarraj o le posizioni di Haftar, che esce rafforzato e rilegittimato dall’inusuale visita».

È QUASI MEZZOGIORNO quando gli smartphone, a Mazara del Vallo, cominciano a squillare ininterrottamente. Il tam tam si fa incessante. Conte e Di Maio sono in volo verso Bengasi. Che sia il giorno della liberazione? Il telefono della Farnesina è incandescente. Cautela, è il refrain nelle prime ore. Qualcosa sta succedendo, è evidente. «Aspettiamo la conferma ufficiale ma sembra proprio la giornata giusta», le prime parole di Marco Marrone. L’armatore è emozionato, la voce tremante. Al telefono singhiozza. «Ho parlato con il ministro Bonafede, mi ha detto che c’è qualcosa di buono nell’aria». A Mazara il sole si fa spazio tra le nubi bianche. Un segno, dopo il buio angosciante. Parenti e amici dei marittimi, sequestrati dal primo settembre, bussano al portone del municipio. Il sindaco, Salvatore Quinci, li accoglie subito: «Aspettiamo».

L’EMOZIONE È ALLE STELLE. «Mi sento rinata dopo tre mesi di disperazione. Non vedo l’ora di riabbracciare mio figlio», piange Rosetta Incargiola, 74 anni, mamma di Pietro Marrone, comandante del motopesca Medinea. Viene avvertito monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara, sempre a fianco delle famiglie: «È il più bel regalo di Natale». Tutti si riuniscono nell’aula consiliare. Si aspetta l’ufficialità. Si abbracciano, piangono. Fuori dal palazzo la folla aumenta. «Abbiamo saputo che a Bengasi c’è un’attività frenetica nella zona del porto», avverte il sindaco. La tensione esplode poco dopo. Qualcuno urla: «Guardate la pagina Facebook di Di Maio».

«I NOSTRI PESCATORI SONO liberi – scrive il ministro – Fra poche ore potranno riabbracciare le proprie famiglie e i propri cari. Il governo continua a sostenere con fermezza il processo di stabilizzazione della Libia. È ciò che io e il presidente Giuseppe Conte abbiamo ribadito ad Haftar, durante il nostro colloquio a Bengasi». L’aula si riempie di commozione. C’è chi urla di gioia. Chi piange. Madri, mogli, nonni, figli si attaccano ai telefonini. «Buon rientro a casa», scrive su twitter il premier Conte, pubblicando una foto dei pescatori liberati. Marika Macaddino, 27 anni, riesce a parlare al telefono col marito, Giacomo Giacalone, 32 anni. Piange di gioia. Piange anche Giacomo. Non si sentivano da 74 giorni. Mamma Rosetta sembra una ragazzina: «Ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo fatta! Mio figlio e tutti gli altri pescatori stanno tornando. Ringrazio tutti: Conte, Di Maio, il sindaco, il vescovo, i giornalisti». La dedica è tutta per l’altro figlio, anche lui pescatore morto 23 anni fa in un naufragio: «Questa liberazione è per lui». «Ci siamo tolti un peso dal cuore», piange Ignazio Bonono, 28 anni, figlio di Giovanni, il timoniere dell’Antartide. «Finalmente potremo trascorrere un Natale di pace e di serenità con i nostri cari», si commuove Santina Licata, moglie del marittimo Vito Barraco.

NELL’AULA CONSILIARE arriva il vescovo. Tutti applaudono. «Sono stati 108 giorni lunghissimi. Se ragiono con la testa si tratta di un tempo ragionevole, perché ci sono state trattative lunghe e laboriose. Se ragiono con il cuore allora devo dire che sono stati tre mesi insopportabili – dice – Poteva succedere di tutto, potevano nascere proteste incontrollabili e invece i familiari dei pescatori hanno affrontato questa prova con grande dignità. Ora, in pochi attimi tutto è cambiato. Nei volti provati è ricomparso il sorriso».

IL MEDINEA E L’ANTARTIDE sono rimasti nel porto di Bengasi fino a tardi. Saliti a bordo dei due pescherecci, i marittimi hanno atteso per ore che le batterie dei motori si ricaricassero dopo 4 mesi di fermo. Arriveranno a Mazara del Vallo probabilmente domenica. «Faremo i giochi d’artificio», annuncia il sindaco. Sarà una festa. Poi per i pescatori e le proprie famiglie sarà finalmente Natale, anche in lockdown.