Dopo la musata presa nel disastroso incontro con l’ex alleato di ferro Matteo Renzi, Angelino Alfano prova a fare buon viso a cattivo gioco. Non gli riesce particolarmente bene, ma nella situazione disperata in cui si trova meglio di così non poteva fare. «Non faremo ostruzionismo contro la legge elettorale e ci va bene anche la soglia al 5%. La collaborazione col Pd è finita ma resteremo fedeli al governo», giura. «Grazie a quella soglia abbiamo messo il turbo. Vogliamo riaggregarci in un grande soggetto moderato che per i sondaggi potrebbe sfondare il 10%. Lupi si occuperà della tessitura», aggiunge fingendosi sicuro. Chiacchiere. Alfano sa che anche mettere insieme i mille rivoli dei centristi probabilmente non basterebbe a varcare la soglia, e soprattutto sa che ricucire quel costume d’Arlecchino accorpando se stesso e Raffele Fitto, nemici giurati in Forza Italia, recuperando i senatori che negli ultimi anni sono passati da un gruppo all’altro come fossero giostre, è impresa quasi impossibile.

Di certo lo è in tempi brevi. La lotta per la sopravvivenza di Alternativa popolare passa per il rinvio delle elezioni in autunno. Di conseguenza il ministro degli Esteri cerca di mettere Renzi con le spalle al muro: «Dica con chiarezza se vuol far cadere il terzo governo a guida Pd in quattro anni». Per lo stesso motivo il parlamentare centrista Sergio Pizzolante scopre gli altarini: «Da febbraio Renzi ci chiede esplicitamente di far fuori Gentiloni». Alfano conferma implicitamente: «Pizzolante è persona seria». Roberto Formigoni esplicitamente: «Ci disse di far cadere il governo perché lui non poteva, in cambio prometteva qualcosa di assolutamente valido». Sul fronte, va da sé, proprio della legge elettorale.

Nei palazzi della politica è il segreto di Pulcinella. Già all’indomani dello scontro tra l’ex premier e il ministro degli Esteri alcune testate riportavano la frase secca con cui Renzi aveva chiuso la questione: «Hai perso l’occasione della tua vita quando potevi far cadere il governo in cambio di una legge elettorale conveniente». Ma proclamarlo ai quattro venti è un’altra cosa. Non a caso M5S va subito alla carica: «E’ un gigantesco inciucio. Renzi non aveva alcun ruolo politico ma ricattava ovunque perseguendo i propri interessi personali», carica Di Battista. Di Maio rincara: «Renzi è un rischio per la democrazia». I capigruppo chiedono a Gentiloni di riferire in aula e Calderoli per la Lega si accoda: «Renzi dica la verità sulle denunce di Pizzolante». Dal Nazareno non arriva un fiato tranne l’imbarazzato pigolio di Roberto Giachetti, «Alfano ha preso un colpo di sole», e la laconica smentita del vicesegretario Guerini: «Non è assolutamente vero».

Svelare pubblicamente le trame di Renzi è in parte certo una vendetta, ma in parte anche maggiore è una mossa freddamente calcolata a scopo di deterrenza. Per il segretario del Pd sgambettare il governo, a finanziaria aperta e con le riforme reclamate dall’Europa ancora in gestazione, sarà ora più difficile. Infatti il ministro Orlando, anche lui fiero avversario del voto in autunno, corre in supporto di Ap: «Lo strappo è un errore. L’agenda è ancora fitta di impegni importanti». Musica per Alfano, che non ha nessunissima intenzione di «strappare» proprio niente di quella fitta agenda di governo.

La legge di bilancio è la carta principale per chi punta alla scadenza naturale della legislatura, nella prossima primavera. Ma quella è una faccenda che riguarda ormai solo il capo dello Stato. I partiti, però, possono provare ad allungare il percorso della legge elettorale al Senato, facendo saltare il termine del 7 luglio fissato da Renzi. E’ evidente che per essere rapido e sicuro un passaggio così delicato deve avere alle spalle un accordo blindatissimo. Sino a ieri sembrava che così fosse. Invece il punto debole c’è e i centristi non esitano a sfruttarlo. Presenteranno solo due emendamenti alla legge elettorale, uno per introdurre il premio di governabilità, l’altro, quello davvero pericoloso, per ripristinare le preferenze. E’ un punto sul quale M5S, Si, Mdp e parte del Pd non potranno essere contrari. Ma, data l’assoluta ostilità alle preferenze di Berlusconi, è anche la leva che potrebbe far saltare o almeno rallentare tutto.