È il movimento politico “dal basso” che in Germania ha trasformato la lotta al cambiamento climatico da ideologia minoritaria a questione sociale di massa, obbligando la coalizione Semaforo a stanziare miliardi per la svolta ecologica. I suoi attivisti sono scesi in piazza ogni venerdì prima delle elezioni e oggi non hanno alcuna intenzione di fare sconti al governo, neppure se siedono gli “amici” dei Verdi.

Il Fridays For Future tedesco rimane la bussola imprescindibile per tracciare la rotta su cui naviga il neo-cancelliere Olaf Scholz tra promesse mantenute e parole mancate. Le due portavoce nazionali, Pauline Brünger ed Helena Marschall , raccontano il punto di vista del movimento nell’anno zero della rivoluzione ambientale annunciata ma ancora tutta da fare.

Cominciamo con la cattiva notizia: la Germania utilizzerà il gas come energia di transizione nonostante il ciclo inquinante per l’ambiente. Non è una contraddizione per la “Coalizione del Futuro” guidata da Spd, Verdi e liberali?
Definire così il gas fossile non basta certo a trasformarlo di colpo in una fonte sostenibile. Come è noto il suo impatto climatico è semplicemente disastroso: estrazione, stoccaggio, trasporto e consumo provocano l’emissione di enormi quantità di metano il cui effetto serra viene calcolato in 68 volte superiore a quello della CO2. Includere il gas nella tassonomia dell’Ue rappresenta dunque solo una farsa, per giunta dannosa.

A Capodanno hanno chiuso le prime tre centrali nucleari tedesche e a fine anno toccherà alle tre rimanenti. Rimane l’eredità di tonnellate di scorie radioattive da seppellire nel “deposito finale” non ancora individuato. Esiste davvero un posto sicuro o si cerca solo un altro “buco” dove piazzare i bidoni tossici oggi stivati nella miniera di Morlsleben?
La ricerca del deposito definitivo in Germania potrebbe andare avanti per decenni e dimostra che, banalmente, una fonte di energia che produce rifiuti tossici da seppellire da qualche parte per migliaia di anni non è per niente sostenibile. Non solo perché nel corso di ogni decennio, a partire dagli Anni Settanta, si sono registrati gravi incidenti negli impianti nucleari e una moltitudine di malfunzionamenti minori, ma anche perché nell’epoca dei disastri naturali causati dal riscaldamento globale è un rischio di catastrofe aggiuntivo.

Politicamente la lotta per la giustizia climatica sarà più facile o difficile con i Verdi al governo?
La buona notizia è che con il nuovo governo è stata rotta, per la prima volta, la politica climatica dettata da Cdu e Csu. Allo stesso tempo, però, dobbiamo constatare che anche la Coalizione Semaforo non è davvero intenzionata ad attuare misure sufficienti di protezione dell’ambiente. Le analisi scientifiche dell’accordo di governo mostrano infatti che le misure predisposte non sono compatibili con il limite critico di 1,5 gradi in nessun settore. Con i Verdi al governo scompare l’opposizione progressista ecologista e per noi del Fridays For Future, come società civile, comporta una responsabilità completamente nuova nell’interpretare questo ruolo al di fuori del Parlamento.

I liberali al governo hanno impedito la tassa sulla CO2 e le restrizioni al traffico automobilistico. Non ci saranno limiti di velocità sulle autostrade e la vita dei motori termici sarà estesa ancora per molti anni, come richiesto dalla lobby delle auto e dall’Ue. La lotta per il clima è una corsa a ostacoli?
La realtà è che non possiamo contare solo sui governi per combattere la crisi ambientale. Fortunatamente in Germania stiamo mostrando a tutti i risultati che si possono ottenere grazie a un forte movimento ambientalista. Nella scorsa legislatura la GroKo ha finito per adottare misure di protezione quasi inimmaginabili all’inizio del suo mandato andando ben oltre quanto concordato durante la formazione dell’alleanza di governo. Il merito è della continua pressione della società civile scesa in piazza a protestare. Ora il nostro compito è fare esattamente lo stesso nei prossimi quattro anni.

La maxi-inondazione che ha colpito la Germania la scorsa estate causando centinaia di morti e miliardi di danni ha mostrato la vulnerabilità delle aree iper-urbanizzate. Le iniziative del governo Scholz per mettere in sicurezza il territorio appaiono però poco più che simboliche. Mancano i soldi o la volontà politica?
La crisi climatica non è già più lo scenario del futuro bensì l’amara realtà ormai in tutto il mondo. Perfino rispettando il limite di 1,5 gradi subiremo comunque le drammatiche conseguenze del riscaldamento globale. Oltre alle misure urgenti per la riduzione immediata delle emissioni dobbiamo pensare anche a come affrontare in modo resiliente gli effetti della crisi crescente. Da un lato c’è la questione tecnica legate agli eventi meteorologici estremi, dall’altro il rischio di gravi problemi sociali ci pone di fronte all’enorme compito di proteggere i valori di solidarietà e democrazia. Tuttavia, per il momento, questi problemi non sembrano rappresentare una priorità per il governo federale. Certamente anche per volontà politica.

Il nuovo ministro dell’Agricoltura ha dichiarato guerra al cibo a buon mercato nei supermercati ma resta il problema degli allevamenti intensivi che inquinano più delle centrali a carbone. Come si affronta la sostenibilità alimentare senza sciogliere questo nodo?
Per risolvere la crisi climatica, abbiamo bisogno di un profondo cambiamento di sistema che non tralasci nessuno dei settori che riguardano la nostra vita. Per ora, però, manca quasi ovunque il coraggio di dirlo apertamente, soprattutto quando si tratta della filiera alimentare. Se vogliamo davvero rendere sostenibile il cibo abbiamo bisogno di decisioni politiche nette. Scaricare tutta la responsabilità solo sui consumatori non è una scelta ammissibile.

Prima di cambiare idea il governo Scholz immaginava di astenersi a Bruxelles sull’inclusione del nucleare tra le energie sostenibili nella tassonomia Ue. Realpolitik per venire incontro alla Francia?
L’azione ridicola di Scholz è il tradimento delle promesse dette durante la campagna elettorale e scritte nell’accordo di coalizione, e rischia di bruciare la transizione energetica europea. Quale sia il calcolo politico dietro la mossa del governo per noi è irrilevante. L’unica cosa che che conta è che la Germania dovrà votare contro la proposta della Commissione Ue impedendo a tutti i costi l’etichetta verde sia al gas che al nucleare.