Mentre al Parco della Trucca di Bergamo Mario Draghi, il sindaco della città Gori e il presidente della Regione Fontana ricordavano le vittime di Covid nella giornata istituita per la loro memoria, in un viale vicino al cimitero monumentale cittadino, i familiari delle vittime della Val Seriana con i loro avvocati, si sono ritrovati in un abbraccio muto. Lontano dai riflettori. «Nessuna passerella politica, nessuna telecamera. Solo la memoria del dolore, che non si cancella con i grandi discorsi». Consuelo Locati, avvocata bergamasca di 500 familiari delle vittime della pandemia è delusa da come questo primo “18 marzo” sia stato celebrato. Algidamente.

Perché non c’eravate?

Perché non vogliamo riflettori, grandi discorsi e telecamere ma fatti concreti che hanno un solo nome: assunzione di responsabilità. Con gli altri familiari ci siamo ritrovati per ricordare ma anche per dimostrare la compattezza che ci unisce.

Come legali delle famiglie, vi aspettavate di parlare con il premier Draghi?

Avevamo chiesto un incontro alla sua segreteria quasi un mese fa. Ci aspettavamo che il Comune di Bergamo, in quanto padrone di casa, appoggiasse la nostra richiesta facilitando un incontro tra noi, legali di molti familiari delle vittime che a Bergamo risiedono, e le istituzioni. Invece, non solo non ci ha neanche dato risposta, ma ha avallato una cerimonia alla presenza di persone come il governatore Fontana, che non prese mai la decisione di chiudere la Val Seriana nel marzo scorso.

Fontana è stato ascoltato, come il ministro Speranza e alcuni membri del Cts, dai pm di Bergamo che indagano per epidemia colposa. A che punto sono le indagini?

La procura sta approfondendo i fatti in merito al mancato adeguamento del piano pandemico e alla mancata attuazione del vecchio piano. I pm accerteranno le responsabilità in ambito penale. Non possiamo dire se ci saranno delle condanne, ma siamo quasi certi che ci saranno altri rinvii a giudizio oltre a quelli già noti.

Si aspetta ancora la perizia del dottor Crisanti…

Esatto. Crisanti presenterà la sua relazione tecnica come ulteriore elemento per individuare il nesso eziologico tra la mancata chiusura dell’ospedale di Alzano, la mancata esecuzione della zona rossa e la mancata attuazione di un piano pandemico, con le migliaia di morti della Val Seriana. Servirà a dimostrare le responsabilità penali e civili. Perché le violazioni di legge ci sono state eccome: dalla violazione della regolamentazione sanitaria internazionale del 2013 al mancato recepimento delle linee guida del Parlamento europeo.

Sul piano civile, invece, cosa vi aspettate?

Una legge di indennizzo per tutti i familiari delle vittime: abbiamo già notificato un atto di citazione al tribunale di Roma alla presidenza del consiglio dei ministri, al ministero della Salute e a Regione Lombardia.

Ieri vi è stata negata la possibilità di parlare con Draghi ma vi è stato garantito che un incontro ci sarà. Cosa gli direte?

Di assumersi delle responsabilità. Nel rispetto delle famiglie ma anche delle vittime stesse. Rappresentiamo i parenti, ma anche i morti: questo non dobbiamo dimenticarlo. Lo facciamo perché è giusto che di fronte alle carenze, alle inefficienze e ai disastri di un sistema, le istituzioni non girino la testa e non giochino a scaricare la responsabilità.

Nella nostra ultima intervista, lei era parte del comitato Noi Denunceremo. Da qualche mese le vostre strade si sono separate. Come mai?

Ho spiegato pubblicamente i motivi per cui me ne sono andata: ho lasciato il comitato perché non volevo che diventasse un movimento politico. La passerella di oggi conferma che ho fatto bene. A oggi, rappresento con altri colleghi avvocati molte delle famiglie del Comitato che hanno già depositato un esposto in procura, ma anche tante altre.

Cos’è cambiato da quei carri dell’Esercito, un anno fa?

Nulla. Anzi: adesso non ci si può più nascondere dietro ai «non potevamo immaginare», «è stata un’emergenza». Non è stato fatto niente per l’implementazione delle Usca, delle unità di terapia intensiva. Nulla per smantellare quella maledetta legge regionale del 2015 che ha distrutto la sanità territoriale in Lombardia. E nel resto del Paese le cose non sono poi così diverse.