Più che un evento è una «Chiamata a raccolto», la settima edizione ha anche un manifesto di convocazione: «I semi non appartengono alle multinazionali. I semi non appartengono nemmeno ai contadini. I semi sono il futuro. I semi sono dei bambini». La chiamata c’è stata l’ultima domenica di novembre nel bellunese, ai piedi del massiccio del Grappa.
Nessuno sponsor, nemmeno il patrocinio di un comune, di una comunità montana, niente di niente. Di cosa si tratta? Perché attrae migliaia di persone da tutto il nord est e anche dalla Toscana? L’obiettivo della “Chiamata a raccolto 2017” è quello di far conoscere e comunicare tra loro tutte le realtà che dal basso si occupano di semi della tradizione, semi non ibridati, non modificati geneticamente, non sequenziati e nemmeno brevettati. I semi sono di tutti e nelle mani di tutti devono restare. Non hanno bisogno di una ® che ne registri la proprietà, devono restare accessibili a chiunque voglia coltivarli, riprodurli, condividerli in libertà.

E’ quella libertà, dicono gli organizzatori di Coltivar condividendo, che oggi non esiste. Sono non più di mezza dozzina le multinazionali che possiedono oltre la metà delle sementi in circolazione e se parliamo di soia, mais, riso, la percentuale sale ancora. Si fondono, si aggregano, si incorporano, i cinesi di Chem China acquisiscono la svizzera Syngenta, Monsanto e Bayer tentano la fusione. E i piccoli contadini, con la «chiamata», indicano quale dovrebbe essere la risposta.

Qui si scambiano semi. Tiziano Fantinel, anima del gruppo, invita tutti ad essere sinceramente riproduttori e conservatori di semi. Seedsaver, sono nati negli Usa e poi si sono diffusi in tutto il mondo. I salvatori di semi agiscono sul modello che il neurobiologo vegetale Stefano Mancuso ha ben descritto come modello a rete. Mancuso scrive che il modello vigente di organizzazione – verticistico e gerarchico – è quello ereditato dal mondo animale. Un animale ha un cervello e se perde un arto è tremendamente menomato. Un vegetale, al contrario, non avendo il suo «cervello» determinato e distinto in un suo organo preciso, è capace di «ragionare», ovvero di adattarsi con molta più flessibilità.

Stefano Mancuso, delegato di Slow Food al congresso mondiale che si è recentemente svolto in Cina, scrive proprio che le associazioni e gli organismi umani dovrebbero abbandonare il verticismo e la leadership univoca tipica delle organizzazioni attuali (tra le quali la stessa Slow Food) ed adottare un modello a rete, a partire dalle radici ed indipendente nei suoi nodi, nei suoi rami. Il movimento dei seedsaver convocato e radunato a Seren del Grappa esprime già questo diverso, antitetico modo di interagire.

Quel popolo un’altra volta ha risposto compatto, sette-ottomila presenze anche quest’anno connesse esclusivamente dal condividere e ricercare buone sementi. Tiziano Fantinel non è il «capo», non è leader, anche se tutti gli riconoscono carisma e capacità di organizzazione, fiuto e visione. Qui non si vendono i semi, è assolutamente proibito. Chi dovesse essere sorpreso a farlo, è fuori, messo alla porta. E’ consentito lasciare una piccola offerta, si tratta di pochi euro, 50 centesimi vanno bene. Nessuna associazione presente ha da obiettare, il pensiero sottinteso è che i semi sono sacri e devono restare liberi: no a ditte sementiere. No a chiunque voglia vendere, pur essendo certificato biologico, etico, equo e solidale.

La sala principale è riservata agli scambi. Fuori, il mercato rigorosamente biologico e per lo più locale, dove si possono acquistare dagli ortaggi ai prodotti tipici dell’artigianato locale. Anche qui, solo autoproduzioni. Uno schema netto: non sono ammessi i soggetti tipo Natura Sì, per intenderci.

Tiziano Fantinel è un contadino, produce piantine da orto a partire dai semi antichi in suo possesso, ma non ha tempo di stare al mercato, passa due giorni a distribuire, condividere e ragionare col pubblico di semi. La stima reciproca affratella le varie realtà che si mettono in mostra. C’è il Consorzio della patata quarantina, animato da Massimo Angelini, tra i più stimati ruralisti italiani, presente da sempre con la sua più unica che rara collezione di ben quattrocento patate italiane ed estere che sono là, sui banchi, a destare la meraviglia di un pubblico sempre attento.

«Chiamata a raccolto» è un esempio magistrale di decrescita felice, di collaborazione dal basso, di interazione a rete. In questa sede, i dibattiti, dove chi «parla meglio» naturalmente tende o viene spinto a prendere la testa del movimento, sono assolutamente marginali. Sono intervenuti esponenti di spicco delle associazioni seedsaver provenienti anche dall’estero. Ma il cuore dell’evento, la ragione ultima per cui questo pubblico torna sempre più numeroso, non sono le persone ma sono i semi – per quanto tutti conoscano Tiziano Fantinel, Massimo Angelini o Alberto Olivucci. I semi sono il cuore vivo, il germoglio pulsante senza i quali «Chiamata a raccolto» non raccoglierebbe nessuno.

Ricordo una delle prime edizioni, già notevole per presenze, dove, per tacito accordo, a nessuno fu permesso di intervenire. Solamente una poesia, Cosa deve fare il custode di semi, fu letta pubblicamente. Non un discorso «politico» o programmatico. Eppure Tiziano e il suo gruppo hanno le idee chiare, chiarissime, sulla politica in generale e sulle politiche alimentari praticate a livello planetario. Ma enunciarle non serve. Qui basta leggere i fatti, sono le persone che affrontano un viaggio dove non guadagneranno nulla, dove al più troveranno qualcosa e sarà una gioia per cui vale sempre la pena muoversi: le sementi rare. Per il proprio balcone, per seminarli in campo, per un esperimento nell’orticello di casa. Un amore grande e condiviso. E poi, gli abbracci, che sono anch’essi gratis e per tutti. «Chiamata a raccolto», per chi ritorna, ha sempre una dimensione umana particolare e durante gli scambi, se qualcuno intona una bella canzone, altri gli vanno dietro. E poi ci sono i bambini. I bambini delle scuole dove si pratica l’agricoltura più bella, quella che fa crescere ed insegna. I bambini con i loro maestri e maestre degli orti didattici della zona. Una presenza gentile, i semi, che non appartiene nemmeno ai contadini. Sono il germe che custodisce il futuro, sono dei bambini.