«Per le comunali di Roma non siamo in ritardo», giura Nicola Zingaretti, reduce dagli oltre cento comizi per le regionali e le amministrative. «Non siamo stati in vacanza», dice ai tanti che gli chiedono lumi sulla sfida della Capitale nella prossima primavera. Consapevole che la ricerca di un big, di un briscolone con cui mettere tutti d’accordo per tentare la riconquista del Campidoglio ormai è sfumata: da David Sassoli a Paolo Gentiloni e Enrico Letta, tutti i sondati hanno detto no. Compreso il fondatore della comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi.

Nel frattempo nel centrosinistra romano in tanti hanno alzato la mano per dire “io ci sono”. E la strada delle primarie appare inevitabile: potrebbero tenersi il 6 dicembre, o al massimo entro la prima metà di gennaio. Non oltre. «Ci sono tantissime personalità ed energie che si sono messe in gioco», dice Zingaretti. «Sono risorse di Roma con cui si aprirà un percorso per individuare i candidati. Non sceglierò io il nome, né a Roma e neppure nelle altre grandi città al voto nel 2021, decideranno i territori».

Goffredo Bettini, king maker di almeno tre sindaci della Capitale, da Francesco Rutelli a Walter Veltroni e Ignazio Marino, cita alcuni dei papabili: la senatrice e madre delle Unioni civili Monica Cirinnà, i presidenti dei municipi III e VIII Giovanni Caudo e Amedeo Ciaccheri e Tobia Zevi. «Sono forze di primissimo valore che non vanno mortificate. Ci vogliono le primarie oppure altre vie che però valorizzino chi ha avuto il coraggio di scendere in campo. Loro sono la nuova classe dirigente di Roma».

Una benedizione, quella di Bettini, che sembra davvero aprire la strada ai gazebo. «Le primarie sono nel nostro statuto e nel Dna del centrosinistra», spiega il segretario del Pd romano Andrea Casu. «Date e percorso li sceglieremo insieme alle forze politiche e sociali con cui in questi anni abbiamo costruito le vittorie nei municipi, alle regionali e alle suppletive, aprendoci alle energie civiche». Oltre ai nomi citati, si parla anche delle possibili candidature della presidente del I municipio Sabrina Alfonsi e dei consiglieri regionali Paolo Ciani e Michela de Biase, moglie di Dario Franceschini.

Cirinnà è stata la prima ad alzare la mano quando ad agosto la sindaca Raggi a sorpresa ha detto di volersi ricandidare. «Piano piano si sta andando nella direzione giusta, quella delle primarie». In queste ore ironizza sulla definizione «primarie dei 7 nani» che è circolata sulla stampa locale. «Io sono alta un metro e 80 ma ci sto comunque. E mi chiedo: per quale motivo lo stato maggiore del tuo partito ti ignora o comunque cerca di sostituirti con un altro nome? Non sono la signora nessuno». E ancora: «Non sarà che il Pd ha ancora un problema con le donne? Fatemi concorrere, poi se trovate uno più forte di me sono contenta, ma almeno cominciate a muovervi e vediamo chi è più convincente. Io lealmente sosterrò il migliore».

Ciaccheri, presidente del municipio che comprende Garbatella, classe 1988, è uno dei volti nuovi della sinistra romana dopo la vittoria a sorpresa e da outsider del 2018, quando il Pd era ancora sotto choc dopo il trionfo di Virginia Raggi. Da gennaio ha messo in piedi l’associazione “Liberare Roma”: l’obiettivo è quello di costruire la gamba sinistra della coalizione, «una lista civica, municipalista, ecologista e di sinistra», in grado di aggregare le tante anime disperse della sinistra romana. «Con “Liberare Roma” stiamo dando voce a una nuova generazione di attivisti, coniugando innovazione e radicalità», spiega al manifesto.

Poi ironizza sull’accelerazione del Pd: «Eppur si muove…». «La destra è ancor più in ritardo di noi, ma questo vantaggio non va sprecato», ragiona Ciaccheri. «Bisogna subito sederci al tavolo della coalizione e organizzare le primarie: per correre servono firme raccolte in tutti i municipi, non si può fare una giostra delle autocandidature». Chiaccheri vede una coalizione larghissima, dalla sinistra fino ai renziani e a Calenda. Il quale pochi giorni fa ha ribadito di non volersi candidare: «Piuttosto che appoggiarmi il Pd si butterebbe nel Tevere o voterebbe la Raggi…».