Il dl Semplificazioni, che in realtà accorpa l’intervento sulle misure per accelerare i lavori del Pnrr e la definizione della governance, è stato approvato ieri sera dal cdm, rispettando così con precisione assoluta i tempi concordati con Bruxelles. Accantonato già da giovedì il passaggio più critico, quello sul criterio del massimo ribasso nelle gare d’appalto, la trattativa con i sindacati (ma anche con l’ala sinistra della maggioranza) è proseguita sino alle prime ore del pomeriggio. Il risultato è uno slittamento della liberalizzazione, in linea con le decisioni della Ue che ha abolito il tetto per i subappalti, ma con numerose garanzie concordate con le confederazioni.

Il tetto passerà subito dall’attuale 40 al 50% sino al 31 ottobre. Poi sarà eliminato ma con il vincolo del non cedimento in toto e neppure dell’affidamento «in misura prevalente» dei lavori. Le stazioni appaltanti dovranno garantire sicurezza e salute dei lavoratori, «prevenire il rischio di infiltrazioni» e soprattutto il salario sarà parificato a quello che avrebbe corrisposto il contraente principale in base al contratto nazionale. Molto ridotta anche la proroga degli affidamenti senza gara, altro capitolo molto contestato. Nella bozza originale arrivava sino al 31 dicembre 2026. Ora si ferma al 30 giugno 2023.

CI SONO ALCUNI altri cambiamenti di peso. Il superbonus del 110% per gli alberghi è stato depennato, mentre resta per ospedali e caserme: troppo costoso. Cancellata per intero la «terza gamba» del decreto originale, quella che avrebbe dovuto assicurare l’assunzione dei 350 tecnici ad alta qualifica professionale necessari per seguire l’attuazione del Piano. È solo un rinvio, l’assunzione farà parte di uno dei prossimi decreti. Confermata anche la regola a favore di donne e giovani. L’assunzione di almeno il 30% di under 36 e di donne sarà prerequisito indispensabile per partecipare alle gare.

I PASSAGGI sull’ambiente, che pure sono l’asse centrale del decreto, sono stati pochissimo discussi in questi giorni. In realtà molti dei punti più critici sono proprio contenuti in quel comparto, in particolare per quanto riguarda le bonifiche e riconversioni dei siti industriali, le semplificazioni in materia di economia forestale e montana e l’economia circolare in particolare dei rifiuti. «Su questi punti il parlamento dovrà correggere perché in caso contrario sarebbe disattesa la disposizione europea per cui il Pnrr deve evitare ogni impatto dannoso per l’ambiente», anticipa la capogruppo di LeU al Senato Loredana De Petris.

Il varo del decreto è stato accolto con salve quasi unanimi di entusiastici applausi. Anche il segretario della Cgil Maurizio Landini, il più duro nel contrastare la prima bozza del dl, si dichiara soddisfatto: «Dopo aver respinto il massimo ribasso, anche sui subappalti il confronto con i sindacati ha prodotto un risultato positivo». In realtà, su questo fronte, Mario Draghi ha ottenuto quel che voleva, sia pure con uno slittamento di cinque mesi e garantendo in cambio controlli e tutele che avrebbero dovuto essere comunque assicurati senza nemmeno doverne discutere. Da questo punto di vista, più che l’impegno formale sarà decisiva l’effettuazione concreta dei controlli, fronte che di solito, in Italia, è il più sguarnito di tutti.

PIÙ SFUMATA la situazione dell’altro oggetto principale del contendere, il criterio del massimo ribasso. È stato accantonato e non tornerà più in campo. Ma come verrà sostituito rimane incerto e il criterio sul quale punta ora il governo, quello della massima convenienza, è almeno scivoloso. Non si tratta della stessa cosa, ma il confine è evanescente.

NESSUNA MODIFICA invece nella parte del decreto sulla governance del Piano di rilancio. È una macchina complessa, divisa in varie strutture, che però fanno tutte capo e riferimento a palazzo Chigi e all’unica presenza fissa nella Cabina di regia «a geometrie variabili», quella di Draghi. È un caso di centralizzazione senza alcun precedente nella storia repubblicana. Forse si tratta di un commissariamento necessario, ma dopo aver bersagliato Conte per una tendenza a centralizzare al confronto timida, converrebbe dire apertamente che di questo si tratta.