La stessa giornata, stati d’animo diversi. Forte commozione in Israele, tensione lacerante nei Territori occupati palestinesi. Israele ieri si è stretta intorno alle famiglie di Naftali Fraenkel, Eyal Yifrach e Gilad Shaar, i tre adolescenti rapiti il 12 giugno e trovati morti due giorni fa a qualche chilometro da Halhul, in Cisgiordania. Uccisi, dicono i servizi di sicurezza, da una cellula di Hamas. La loro morte segna un intero paese perchè nei giorni scorsi, quando la ragione ormai volgeva al pessimismo, tanti cullavano ancora la speranza di vederli tornare a casa. Erano diventati i figli di tutti gli israeliani. Però ieri, a poche decine di chilometri dal cimitero di Modiin, dove sono stati sepolti i tre ragazzi israeliani, piangeva anche una famiglia palestinese, quella di Yousef Abu Zagha, 17 anni, ucciso dal fuoco dei soldati entrati all’alba nel campo profughi di Jenin. Per il portavoce dell’esercito Yousef era un “militante di Hamas”, colpito perchè aveva tentato di scagliare un ordigno. Una versione che testimoni palestinesi smentiscono secccamente. Il ragazzo, dicono, non aveva bombe e si trovava in strada assieme a dozzine di altri giovani che urlavano e lanciavano sassi ai soldati israeliani entrati nel campo profughi.

«Riposa in pace, figlio mio. Sentiremo sempre la tua voce nei nostri cuori». Sono le parole con le quali Rachel Fraenkel ha dato a Nof Ayalon l’ultimo saluto al figlio Naftali durante la cerimonia che ha preceduto il funerale a Modiin al quale ha partecipato l’intera leadership israeliana: dal presidente uscente Shimon Peres a quello entrante Reuven Rivlin, al premier Netanyahu, ai ministri, ai due rabbini capi. Analoghe cerimonie si sono svolte a Elad, dove viveva Eyal Yifrach, e nella colonia israeliana di Talmon, vicino Ramallah, dove abitava Gilad Shaar. Ad ognuno dei riti ha partecipato un ministro. A differenza di Rachel Frankel, Uri Yifrach ha usato parole minacciose rivolgendosi agli assassini del figlio. «Voi siete dei malfattori, la nazione di Israele ha promesso che il vostro giorno arriverà», ha avvertito evocando la rappresaglia che l’opinione pubblica israeliana chiede a gran voce al governo di Benyamin Netanyahu. Israele la «farà pagare» ad Hamas ha promesso il ministro della difesa Moshe Yaalon. «Consideriamo Hamas responsabile del sequestro e dell’omicidio, e sappiamo come fargliela pagare – ha detto – continuereno a dare la caccia agli assassini dei ragazzi e non avremo tregua e non taceremo fino a quando non li avremo catturati». L’interesse politico quindi ha avuto il sopravvento su dolore e rabbia. Yaalon infatti ha proposto la costruzione di una nuova colonia dedicata ai tre ragazzi uccisi, che dovrebbe sorgere nell’avamposto di Gvaot, congelato nel 2002, a sud di Gerusalemme. Una colonizzazione senza freni la chiedono con forza i settler israeliani, unita, naturalmente, a una pesante punizione a tutti i palestinesi da affidare all’esercito.

Israele sospetta del sequestro Amar Abu-Eisha e Marwan Kawasmeh, 29 anni, due palestinesi di Hebron, noti come militanti di Hamas, che non hanno fatto ritorno a casa dal 12 giugno, il giorno del rapimento. La prova certa del loro coinvolgimento in effetti non è stata resa pubblica ma l’esercito ha già demolito le loro abitazioni lasciando in strada i loro famigliari. Sono stati pubblicati invece altri particolari delle fasi successive al sequestro. Uno dei tre ragazzi ha effettuato, sia pure per pochi secondi, una telefonata al numero d’emergenza della polizia. Nella registrazione diffusa su web e tv si sente la voce di Ghilad Shaar che dice «Sono stato rapito» seguita da una intimazione, in ebraico con accento arabo: «Giù la testa, abbassa la testa». Poi gli echi soffocati di quelli che potrebbero essere cinque-sei colpi di pistola. A questo punto qualcuno alza a tutto volume la radio dell’automobile e la conversazione si tronca.   Una chiamata che, secondo gli investigatori, avrebbe molto allarmato i rapitori che, credendosi ormai individuati, hanno ucciso subito i ragazzi, si sono liberati dei loro corpi nei pressi di Halhul e hanno dato fuoco all’automobile usata per il rapimento allo scopo di far perdere le loro tracce. Invece la polizia non aveva dato credito a quella telefonata e l’allarme è scattato solo quando le famiglie hanno denunciato che i tre adolescenti non avevano fatto ritorno a casa. Una delle ipotesi fatta dalle autorità è quella di un sequestro andato “storto”. Le intenzioni dei rapitori con ogni probabilità erano quelle di scambiare i tre adolescenti con prigionieri politici palestinesi e non di ucciderli.

Ieri sera al termine di una giornata segnata dagli appelli della destra israeliana ad approvare una massiccia operazione militare contro i palestinesi – il ministro degli esteri Lieberman ha insistito per rioccupare Gaza – e da aggressioni tentate e realizzate a danno di alcuni palestinesi, il primo ministro Netanyahu era atteso ad un incontro con la stampa prima della nuova riunione del gabinetto di sicurezza. «Dobbiamo raggiungere gli assassini, tutti quelli che hanno partecipato al rapimento e all’uccisione», ha proclamato Netanyahu aggiungendo che Israele continuerà a portare avanti le sue operazioni contro le strutture di Hamas in Cisgiordania e a Gaza. Nell’esecutivo israeliano gli orientamenti ieri sera erano diversi. Alcuni ministri, guidati dall’ultranazionalista Naftali Bennett, spingevano per l’avvio di una ampia offensiva militare, contro Gaza ma anche in Cisgiordania. Altri, apparentemente appoggiati da Netanyahu, proponevano una reazione più contenuta. A pagare in ogni caso saranno soprattutto i civili palestinesi.