La giustizia, non da sola, divide ogni giorno di più la larga maggioranza di governo. In commissione alla camera due scontri in una sola giornata. Il primo segna la vittoria, ma poco più che simbolica, per Pd, 5 Stelle e Leu. Perché è stato adottato come testo base per la riforma del Csm quello presentato dall’ex ministro Bonafede. Scelta accettata alcune settimane fa anche dalla ministra Cartabia. Perché tanto saranno gli emendamenti ai quali sta lavorando in gran segreto la commissione che ha insediato lei stessa in via Arenula (presidente il costituzionalista Luciani) a ridisegnare la riforma. Partendo dalla legge elettorale per i togati. E proprio oggi il Csm licenzierà il suo parere sul testo Bonafede nel quale – accanto a diverse critiche – molto probabilmente sarà inserito un “gancio” per la ministra Cartabia, un apprezzamento preventivo alla sua proposta (formulata fin qui solo come ipotesi) di prevedere il rinnovo parziale del Consiglio ogni due anni.

Il secondo scontro della giornata di ieri, questa volta nelle commissioni riunite giustizia e affari costituzionali, segna invece la vittoria del centrodestra, fronte al quale si sono associate Italia viva e +Europa Cambiamo. Al secondo tentativo è stata accolta la richiesta di incardinare la proposta di istituire una commissione di inchiesta sul “sistema Palamara”, che nella versione di Forza Italia (Gelmini; l’altra proposta è della Lega) diventerebbe un aggrovigliato lavoro sul complesso dei rapporti magistratura-politica e magistratura-media. Mentre il centrodestra esulta per questo passaggio, che certamente darà spazio ad altri scontri e a polemiche – ma solo quando se ne comincerà sul serio a parlare, assai dopo i quindici giorni che mancano al formale incardinamento – i presidenti 5 Stelle delle due commissioni, Brescia e Perantoni, fanno notare che di fronte alla richiesta della maggioranza dei gruppi non hanno seguito «il metodo Ostellari». Che è quello del presidente leghista della seconda commissione del senato, che invece ha fatto saltare la discussione del disegno di legge sull’omofobia. Per il capogruppo del Pd in commissione giustizia alla camera, Alfredo Bazoli, la proposta di legge Gelmini «non ha rispetto della separazione dei poteri e ci fa precipitare indietro di venti anni». Dunque «non ha chance».

La discussione sul Csm invece comincerà a breve, in parallelo con quella sulla riforma del processo penale visto che la speranza di Cartabia è di arrivare a un primo sì entro l’estate- ma il percorso è ancora lungo (si tratta di leggi che contengono diverse deleghe al governo). Il Csm dovrebbe concludere oggi l’approvazione del suo parere. Ieri nel corso di un lungo e anche acceso dibattito (con un duro scontro sul ruolo delle correnti) è stato assai ammorbidito il giudizio critico su quella parte del testo Bonafede che irrigidisce i criteri di valutazione dei candidati agli incarichi direttivi e semi direttivi. Il Consiglio non dirà più che il progetto del governo ridimensiona le sue prerogative costituzionali. L’emendamento è stato sottoscritto da tutti i consiglieri laici, così come quello – che, come dicevamo, sarà votato oggi – che plaude agli «effetti positivi» dell’introduzione delle elezioni di metà mandato. Positivi anche per i consiglieri in carica, visto che una metà di loro si troverà il mandato prolungato di due anni. I fortunati potrebbero essere scelti con sorteggio (così da aprire uno spiraglio alla tecnica di selezione preferita dai 5 Stelle e dalle correnti togate di centrodestra). Almeno così proponeva la commissione Balboni nel 1996 (assieme al voto singolo trasferibile). Perché l’ultima idea sul Csm – che ha già cambiato sette volte la legge elettorale – non è certo una novità.