Dal 26 al 29 marzo, Ferrara ha ospitato la XXI edizione del Salone dell’arte del restauro e della conservazione dei beni culturali e ambientali. Sono stati giorni limpidi, senza nebbia, in cui il castello estense cantato da Ariosto e Tasso ha sfoggiato nella sua reintegrata bellezza la lanterna della Torre dei Leoni, danneggiata dal terremoto che nel maggio del 2012 ha colpito le province di Modena, Reggio Emilia, Bologna e Ferrara. In Emilia, il patrimonio riprende a essere trasmesso con naturalezza: il paesaggio storico dell’uomo contemporaneo sta ricevendo le cure dovute.

 

Miti e cultura hanno bisogno di una geografia sana e intensa per sopravvivere; per crollare, basta loro appena la cattiva gestione di legislatori e urbanisti. Queste le paure evocate dal rilievo affidato dagli organizzatori a Brasile e India, mercati in crescita dove appare evidente l’esigenza di sottrarre la memoria tradizionale al fiume in piena del modernismo sfrenato.

 

Lo dimostra l’esposizione sull’indiana Jodhpur, con assonometrie e fotografie per viaggiare tra le diverse tipologie architettoniche della «città blu», soprannome dovuto al colore dipinto sulle facciate per segnalare le intoccabili case dei bramini. Gli studenti indiani, che per tre anni hanno collaborato con il team di architetti dell’ateneo ferrarese, sono stati coordinati da Minakshi Jain, paladina dei tesori architettonici del Rajasthan, esposti ai pericoli causati dalla noncuranza e dall’occidentalizzazione senza regole che sta seducendo il subcontinente.

La mostra sul Brasile ha reso invece tangibile l’accurata ricerca di Marlene Milan Acayaba, grazie alla presentazione di 45 modelli didattici costruiti dagli studenti del Dipartimento di architettura dell’università di Ferrara: edifici abitativi in corso di restauro, realizzati in cemento armato – concreto – a San Paolo tra il 1947 e il 1975.

Gli ospiti del salone hanno potuto toccare con mano i plastici fino a decostruirli, scomponendoli nelle unità minime concepite dai progettisti. Le avanguardie architettoniche pauliste, fucine di libero pensiero ai tempi della dittatura, hanno saputo usare con chiarezza la propria arte per lanciare messaggi di contestazione. Joaquim Guedes, Lina Bo Bardi, Paulo Mendes de Rocha, Carlos Milan, Cascaldi, Vilanova Artigas e Marcos Acayaba sono architetti impegnati che hanno sfruttato il minimalismo del cemento per opporsi, cambiando le modalità stesse dell’abitare, al fascismo: viver em concreto contro il barocco del potere.

 

Ferrara 2014 è stata anche l’occasione per raccontare le più interessanti proposte sulle tematiche della conservazione e del restauro di recente sperimentazione: all’estero, si va dal recupero del monastero ortodosso di Botani in Serbia alla valorizzazione dello scavo archeologico di Daroca, a Saragozza.

 

In Italia, i restauri principali dell’ultimo anno hanno coinvolto l’Opificio delle pietre dure di Firenze, capace di mettere in salvo tanto il rinascimentale Pulpito della Resurrezione di Donatello nella Basilica di San Lorenzo a Firenze quanto le novecentesche tele di Jackson Pollock, e il Quirinale. Qui gli esperti della soprintendenza speciale di Roma hanno recuperato la galleria di Alessandro VII Chigi riportando in auge la tecnica dello strappo, che consente di trasportare su un’altra superficie, allo scopo di preservarla, la pellicola di colore degli affreschi.

In Italia, tuttavia, i restauratori non hanno vita facile. Mentre le istituzioni si limitano a reclamare un contributo maggiore di cittadinanza attiva e il risveglio del mecenatismo, senza badar troppo alle regole di ingaggio, il bilancio del Mibact è diminuito di oltre il 35% negli ultimi dieci anni, tanto da rappresentare soltanto lo 0,11% del Pil.

 

Le associazioni di categoria di restauratori, archivisti e bibliotecari, di contro, hanno puntato l’attenzione sul dramma della disoccupazione intellettuale. Posizioni congiunte, tra esse, sono state raggiunte nella conferenza coordinata dall’Associazione nazionale archeologi, dove si è discusso della mancanza di contratti di lavoro e soluzioni fiscali sostenibili per gli operatori culturali, dell’uso indebito dello stage foraggiato anche dallo Stato – lo dimostra il criticatissimo bando 500 giovani per la cultura promosso dallo stesso Mibact con Bray – e del ricorso indiscriminato al volontariato, suggellato dalla preoccupante decisione del comune di Pisa di delegare all’Associazione amici dei musei, chiamata a selezionare volontari iper-specializzati, la manutenzione di numerosi monumenti della città.

 

Speranze sono legate alla modifica al codice dei beni culturali e del paesaggio, affinché siano introdotti elenchi nazionali di professionisti da cui attingere in maniera sistematica e trasparente. Procede in questa direzione la proposta di legge numero 362 approvata a gennaio dalla Camera e presentata dal non ancora ministro Marianna Madia con i cofirmatari Matteo Orfini, che di scavi archeologici ha esperienza diretta, e Manuela Ghizzoni, presente alla tavola rotonda ferrarese. La proposta è ora in esame alla VII Commissione del Senato.