Che cosa ci fa diminuire la paura di morire? Cosa ci dà coraggio di affrontare il ritiro dalle scene? Cosa ci da l’impressione di potere, forse, essere meno effimeri nel passaggio in questa vita? L’essere immutabili nel tempo. Nonostante i molteplici, minuscoli, continui cambiamenti che viviamo, l’unica cosa di cui abbiamo bisogno è di essere sempre noi stessi. Non mutare abitudini, non modificare preferenze, gusti, tendenze. Non avere un modo differente di porsi nei confronti di qualcosa o di qualcuno. «Te lo ricordi Franco? è sempre lo stesso».

Sembra paradossale: ognuno crede che il movimento sia la base stessa dell’esistenza, un percorso di crescita costante fino all’ultimo giorno. Invece… la cosa più rassicurante per la grande maggioranza della popolazione è l’immutabilità rispetto al susseguirsi regolare e costante dei minuti, delle ore, dei giorni: come se gli anni non imprimessero sui nostri corpi i segni delle sconfitte, degli amori, delle delusioni, dei digiuni, dei bagordi; come se il bello sguardo pulito dei vent’anni l’antico compagno di giochi rincontrato per caso lo potesse riconoscere immarcescibile nel tempo.

Semplicemente non è così. Che cosa possiamo fare? A chi, a cosa aggrapparci? Donne che lottano, donne che resistono, si mettono in gioco, cambiano mantenendosi preziosamente integre. Così le impavide attrici marocchine di Much loved (Nabil Ayouch, Cannes 2015) che interpretano prostitute di alto bordo per potenti sauditi in un paese dove anche solo alludere a una cosa del genere è scandaloso.

Queste donne, mercenarie del sesso dai lineamenti delicati e i corpi pronti a tutto, sono ritratti tragici di un’ecatombe sociale: tutti fingono che vada bene così mentre intanto il mondo fuori va a rotoli. Noha, Randa, Soukaina e Hilma alzano il mento, lo sguardo puntato verso il domani, non restano a letto, trovano la strada del mare: siedono davanti all’orizzonte e bevono.

Spesso la resistenza è legata alla sofferenza in un labirinto senza spigoli dove ci si perde costantemente. Il dolore, come il piacere, ci fa sentire vivi. Allora denunciare, documentare, raccontare, trasmettere diventano veicoli primari di conoscenza e speranza, prevenzione e lotta, fiducia e amore. Vivere è lottare, correre, cadere, urtare, scartare, volere.

Cambiando si impara. Oppure, come cantava qualcuno qualche tempo fa: «come si cambia per non morire, come si cambia per amore, come si cambia per non morire, come si cambia per ricominciare…»

Fabianasargentini@alice.it