Pochi giorni fa è stata resa pubblica una ricerca dell’agenzia scientifica governativa australiana Csicro, che ha raccolto e analizzato campioni del fondo oceanico prelevati a circa 300 km dalla costa meridionale del paese: ne è risultato che sul fondo degli oceani si trovano almeno 14 milioni di tonnellate di pezzi di plastica di larghezza inferiore a 5 mm. Ciò suggerisce che potrebbe esserci 30 volte più plastica sul fondo dell’oceano di quanta ne galleggia. Questa nuova agghiacciante stima si aggiunge alle molte altre altrettanto orrorifiche che danno la misura di uno dei peggiori flagelli per l’ambiente creato dall’uomo, ovvero l’eccesso di produzione e di utilizzo delle materie plastiche e soprattutto il non corretto smaltimento. Mari e oceani sono le vittime principali di un fenomeno di cui, come per la produzione di anidride carbonica, abbiamo perso totalmente il controllo e i cui danni si ripercuotono su tutta la sfera del vivente, uomo compreso.
La plastica permea la nostra esistenza. Dalla sua invenzione poco dopo gli anni cinquanta, grazie alla sua praticità, versatilità e basso costo è entrata in ogni aspetto della vita e come una droga ne dipendiamo anche quando non è necessaria. Abbiamo bisogno di una vera e propria «disintossicazione»: il problema ovviamente non dipende e non si affronta solo a partire dai comportamenti individuali, ma ii cambiamento a favore di una vita il più possibile libera dalla plastica è in grado di apportare ungrande contributo. Bye bye plastica (Aboca edizioni) nasce con questo spirito. Scorrendo l’indice, ci accorgiamo che il libro ripercorre dalle prime ore del mattino fino a sera le fasi di una giornata, per mostrarci tutta la plastica di cui siamo circondati e per insegnarci a farne a meno. Si tratta di un libro pragmatico, che passa in rassegna tutti i modi possibili per eliminare la plastica, corredato anche di suggerimenti e ricette; leggendolo ci si rende conto che, dalla colazione a casa al pranzo in ufficio, dai giocattoli ai cosmetici (fra gli oggetti più avvolti di plastica), dalla cura degli animali allo sport, i modi per eliminare la plastica esistono, sono accessibili ed anche economicamente sostenibili. Si scoprono cose che possono essere sfuggite anche alle persone più attente, come che la plastica nera non è riciclabile e finisce in discarica, o che i rifiuti in assoluto più diffusi al mondo sono le salviettine umidificate, perché smaltite scorrettamente (buttandole erroneamente nel water quando non tutte sono biodegradabili) o che le plastiche in assoluto più pericolose sono le microsfere dei cosmetici, che per fortuna sono sempre di meno.

Con questo libro si scopre che siamo stati divorati dalla mentalità dell’usa e getta e degli oggetti a basso costo, che poi finiscono per averne uno altissimo non solo per l’ambiente, ma anche per noi, che ci ritroviamo la plastica degli oggetti che abbiamo buttato anche nel piatto, sotto forma di microplastiche ingerite dagli animali di cui ci nutriamo; ma anche che per avere meno impatto non è necessario un grande sacrificio ma solo un po’ più di attenzione ed i risultati arrivano: ad esempio, quando si è agito politicamente sulla sostituzione dei sacchetti di plastica o con la loro tassazione, questo ha determinato una diminuzione del 40% del numero di sacchetti che finiscono sulle spiagge in un solo anno.

Autore morale del libro è la Marine Conservation Society, la principale organizzazione senza scopo di lucro per l’ambiente marino del Regno Unito, che fra le varie cose ogni anno organizza migliaia di volontari per pulire le spiagge del paese, raccogliendo quantità inverosimili di plastiche. I curatori del libro sono il giornalista e ambientalista Luca Bonaccorsi, la ex giornalista della Bbc Clare Fisher ed ora responsabile delle pubbliche relazioni della Marine Conservation e il biologo marino Richard Harrington.

Non si tratta di un libro contro la plastica: un materiale straordinario, che ha migliorato le nostre vite, creando un numero incredibile di strumenti per il nostro benessere, la salute e la sicurezza. La plastica monouso poi ha reso gli ospedali luoghi dove il rischio di contrarre infezioni è stato ridotto drasticamente. Ma come per i combustibili fossili, non possiamo più permetterci l’uso dei materiali plastici che abbiamo fatto sino ad ora.