L’aggressione contro i migranti orchestrata dal ministro dell’interno, viola la legge italiana, la Costituzione, le regole internazionali del soccorso e i diritti umani.
La violazione di questi ultimi non è soggetta a prescrizione. Il colpevole può essere chiamato a risponderne in qualsiasi momento e fino alla fine della sua vita.

La guerra di Salvini contro l’umanità, può essere conclusa, prima o poi, con una sua esemplare sanzione. Che egli possa avere dalla sua parte la maggioranza dei consensi degli italiani, nulla cambia. I diritti umani non sono soggetti a votazione, non soggiaciono alla democrazia, è la democrazia che soggiace ad essi.
Alla manifesta incompatibilità del ministro dell’interno sia con la giustizia che con la legge, si aggiungono preoccupanti segni di mancanza di serenità psichica.

Affermare pubblicamente di fronte alla morte di un uomo arrestato e ammanettato – le cui cause, sconosciute, sono oggetto di indagini della magistratura – che non gli si potevano offrire «cappuccino e brioche», è una grave mancanza di rispetto verso la vita e la dignità di ogni essere umano, un atto di vilipendio in cui la crudeltà fa a gara con il cinismo. Contro l’azione del governo si stanno schierando gli operatori nel campo sanitario, coloro che alla cura degli esseri umani in difficoltà sono legati da un impegno etico, più importante di quello professionale.

All’appello di 200 medici ospedalieri di Trieste/Friuli, attualmente arrivato a oltre 800 firme, che chiedevano di aprire i porti per accogliere i migranti della Sea Watch, il presidente della Regione Fedriga ha risposto con una lettera ai direttori delle aziende sanitarie, chiedendo chiarimenti. A suo dire, «non si può usare la professione medica per fare politica». Riconsiderando le sue parole, potrebbe capovolgere il suo pensiero: non si può abdicare all’essere medici, infrangere il proprio giuramento, per ragioni governative.

La grande maggioranza dei mille membri della Società Psicoanalitica Italiana ha firmato un’appello al Presidente della Repubblica contro le deportazioni. Chi più degli psicoanalisti, che devono rispettare le convinzioni politiche, culturali e religiose delle persone prese in cura, potrebbe essere più lontano da eccessi di partigianeria? Difendere i diritti umani, i diritti fondamentali, di fronte ai quali siamo tutti pari, non è spirito di parte, è il fondamento etico della nostra posizione nel mondo senza il quale la cura di ogni cosa è priva di senso.

Massimo Cacciari ha avuto ragione nel dire, in un dibattito televisivo, che la legge è Creonte e la giustizia sta dalla parte di Antigone.
Ci sono, tuttavia, due cose da considerare. Creonte nel trincerarsi dietro la legge, la piega al suo arbitrio, rompe il suo legame con l’Eros («Il Desiderio che siede tra le Leggi possenti», dice Sofocle).

Inoltre, Antigone assume una posizione di responsabilità nei confronti dell’altro (il fratello amico/nemico), ma fallisce nell’essere responsabile nei confronti di se stessa, va alla sconfitta e al suicidio. La disobbedienza civile (la grande lezione di Antigone) è necessaria, ma non è sufficiente, se una guerra fratricida assegna un potere di arbitrio ai prepotenti. La guerra fratricida in atto, la disperazione degli uni contro la disperazione degli altri, è il risultato di una politica di povertà (chiamata in Europa austerità) che ha assegnato a 26 oligarchi un reddito pari a quello della metà più povera della popolazione mondiale (dato Oxfam).

Combattere la povertà, la migrazione come sradicamento violento di indigeni e stranieri (che hanno entrambi perso il terreno sotto i loro piedi), è una guerra etica a cui non possiamo sottrarci.