We want it All (dalla canzone dei Queen I Want it All) di Emio Greco e Pieter C. Scholten, alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica per RomaEuropa con ICK Ensemble e la compagnia giovanile ICK Next, è un vortice dentro e fuori la memoria. 25 anni di creazioni, 11 finali di spettacolo, 15 folgoranti danzatori tra cui lo stesso Emio Greco. Una colonna sonora che accosta per improvvisi cambi di mood l’alto e il basso, il colto e il pop, tra The Beautiful People di Marlyn Manson, Out of these Days, dei Pink Floyd, la Passione secondo Matteo di Bach, Tell it to My Heart» di Taylor Dayne. Un flusso coreografico di immagini che affiorano dal passato e si concretizzano in una nuova forma, con un effetto di sfocature e messe a fuoco con cui duella il bagaglio memoriale di ogni danzatore e spettatore.
We Want it All inizia con Greco con una di quelle tunichette di maglia slabbrata dei suoi primi pezzi. Aspetta in piedi immobile mentre il pubblico prende posto, davanti a lui sventola una bandiera bianca. L’arrivo della compagnia è il tempo che si fa attuale. La danza freme, si dibatte nelle corse raso terra, negli allungamenti dei corpi in torsione, negli irrigidimenti a terra, nei passaggi che scuotono dall’interno frammenti di citazioni classiche come il battito seduttivo delle mani dalla «Raymonda» alla Nureyev.
Nulla però è di facciata, non c’è la ricerca dell’effetto per l’effetto, il movimento ha una sua motivazione interna, fisica, misteriosa, inquieta. Un attacco, un grido, un sentire del corpo mai di superficie, come l’assolo di Bach con Denis Bruno, il duetto maschile con Bruno e Victor Callens, i film d’archivio in bianco e nero. Ed è la forza della scrittura coreografica che con la sua euforia e autonomia comunicativa ci consegna la necessità di non mancare il presente.