In Corsica si susseguono le manifestazioni e gli scontri. La prima grande mobilitazione si è tenuta a Corti il 6 marzo. Poi è toccato ad Ajaccio, dove al termine del nutrito corteo alcuni manifestanti hanno assaltato il Palazzo di Giustizia. Poi, il 13 marzo, in diecimila hanno sfilato a Bastia nonostante la pioggia e centinaia di incappucciati hanno lanciato molotov e sassi contro la Prefettura.

AD APRIRE I CORTEI – non se ne vedevano di così partecipati da anni – lo slogan «Statu Francese assassinu». Sui cartelli e sulle magliette campeggia il volto di Yvan Colonna, popolare militante indipendentista còrso arrestato nel 2003 e condannato all’ergastolo perché ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio (al quale si è sempre detto estraneo) del prefetto Claude Érignac da parte di un commando del Fronte di liberazione naziunale corsu (Flnc), avvenuto nel 1998.

È a causa di un’aggressione, che ha ridotto Colonna in coma, che l’isola è in rivolta e la protesta contro Parigi ha improvvisamente ritrovato vigore dopo anni di calma, caratterizzati dalla fine della violenza nazionalista e dall’ascesa elettorale dei partiti autonomisti e indipendentisti che dal 2017 controllano la Collettività Territoriale.

MENTRE ERA NELLA PALESTRA della prigione di Arles (Provenza), il 2 marzo Colonna, 61 anni, è stato picchiato e strangolato da Frank Elong Abé, detenuto di origini camerunensi catturato in Afghanistan e rinchiuso nel carcere della base Usa di Bagram prima di essere estradato in Francia, dove è stato condannato a 9 anni per «associazione a delinquere finalizzata al terrorismo». L’assalto sarebbe scattato a causa di alcune espressioni blasfeme contro l’Islam proferite da Colonna, ma gli stessi inquirenti – oltre che molti còrsi – ipotizzano che il tentato omicidio sia stato commissionato dall’esterno.

Com’è possibile, si chiedono i manifestanti, che un prigioniero come Colonna, sottoposto a un regime di sorveglianza speciale e continua, sia stato lasciato in balia dell’aggressore dalle guardie carcerarie per ben otto minuti, a tal punto da ridurlo in fin di vita? «Il suo status di prigioniero di alto profilo è servito solo a tenerlo rinchiuso lontano dalla sua famiglia e dalla Corsica» scrivono in un comunicato gli indipendentisti di Corsica Libera, secondo i quali Colonna ha subito una «politica di deportazione che mira ad allontanarei prigionieri indipendentisti dai loro legami affettivi e politici».

NEL TENTATIVO DI PLACARE la rabbia, il premier francese Jean Castex ha revocato lo status di «detenuto di alto profilo» a Colonna e a Pierre Alessandri e Alain Ferrandi – ritenuti suoi complici nell’omicidio Érignac – il che potrebbe sbloccare il loro trasferimento in una prigione còrsa, finora sempre rifiutato da Parigi.

La mossa, ritenuta provocatoria viste le condizioni di Colonna, non è però servita. Le proteste continuano, animate dalle formazioni nazionaliste ma anche da numerose realtà giovanili e di sinistra, che chiedono la verità, una soluzione per i prigionieri politici e ri iconoscimento istituzionale delle storiche rivendicazioni di autogoverno.

PER CERCARE DI RIPORTARE la calma si è mosso il ministro dell’Interno di Macron. Gérald Darmanin ha annunciato il suo arrivo in Corsica «per un giro di consultazioni» senza precedenti sul «futuro istituzionale, economico, sociale e culturale dell’isola». Gilles Simeoni, presidente dell’esecutivo regionale e leader di “Femu a Corsica”, apprezza gli sforzi di Macron. Ma l’esponente autonomista ed ex avvocato di Colonna chiede una commissione d’inchiesta sull’aggressione.  «Tutto il popolo còrso è mobilitato contro l’ingiustizia, per la richiesta di verità e di una soluzione politica» ha affermato Simeoni, che rivendica uno statuto di autonomia.
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