È tutto pronto per l’incontro di domani tra il governo Duque e il Comité del paro, a cui appartengono molte delle forze popolari mobilitate da 12 giorni consecutivi. Ma è assai improbabile che sia risolutivo. Già il fatto che non sia stato possibile anticiparlo, malgrado i 26 morti accertati e i problemi di rifornimento registrati in 13 città per effetto dei blocchi stradali realizzati dai manifestanti, la dice lunga sulla volontà del governo di prestare seriamente ascolto alle rivendicazioni popolari. Tanto più che nel frattempo il governo ha già sostenuto una decina di quelli che ha chiamato «Encuentros para avanzar en lo fundamental», quasi tutti con le élite, nei quali è naturalmente il presidente Duque a decidere cosa sia «fondamentale».

Nessuno, del resto, pensa che basti un incontro per disattivare la protesta, anche considerando, da un lato, che non tutti i manifestanti si riconoscono nel Comité del paro e, dall’altro, che quest’ultimo ha imparato bene la lezione del 2019, quando il dialogo tra le due parti non era avanzato di un millimetro per l’indifferenza evidente mostrata dal governo nei confronti delle richieste popolari, fino a fermarsi del tutto con l’arrivo della pandemia. «Non vogliamo semplicemente dialogare: intendiamo negoziare intorno al Pacchetto di emergenza presentato nel 2020», ha spiegato il presidente della Centrale unitaria dei lavoratori Francisco Maltés, precisando che la mobilitazione andrà avanti anche durante i negoziati e insistendo sulla necessità immediata di smilitarizzare la protesta sociale.

Ma se il primo passo è quello di porre fine alla repressione, le dichiarazioni di Duque al riguardo risultano piuttosto scoraggianti: nessuna «pratica brutale da parte della polizia», solo alcuni casi di abuso circoscritti – le solite mele marce -, e presenza di infiltrati delle dissidenze delle Farc e dell’Eln. E, anzi, è stato il portavoce del governo Miguel Ceballos, capovolgendo i termini della questione, a esigere dai rappresentanti del Comité del paro che pongano fine a «ogni atto di violenza».

Intanto, mentre restano molto critiche le condizioni dell’artista e insegnante di yoga Lucas Villa, un altro giovane, il 24enne Héctor Fabio Morales è stato ucciso venerdì a Pereira da colpi di arma da fuoco al torace, in testa e alle gambe. E, dopo un’altra notte di repressione, salgono a 1.773 i casi di abuso da parte della polizia.