Il generale colombiano Ruben Dario Alzate è tornato a casa. Le Farc lo hanno liberato domenica, come avevano promesso, vicino al fiume Arquia, al nord di Quibdo. Era stato catturato nella regione del Chocó (nel nordest del paese) il 16 novembre, insieme al sottufficiale Jorge Rodriguez e a Gloria Urrego, un’avvocata che coordina i progetti speciali dell’esercito. Una zona di conflitto, controllata dalla guerriglia marxista. Perché un generale della sua esperienza e levatura si è addentrato nella selva disarmato e in abiti civili? La domanda, espressa pubblicamente dal presidente colombiano Manuel Santos è rimbalzata subito sui media: anche perché, ancora prima che il governo desse notizia della cattura, l’ex presidente Alvaro Uribe, feroce avversario del processo di pace in corso all’Avana, lo aveva già annunciato in twitter. Secondo quanto ha raccontato alla stampa un altro soldato, sfuggito alle Farc quel giorno, il generale era stato messo in guardia dai suoi circa la pericolosità della zona, ma aveva ordinato di proseguire ugualmente.
Eppure, Alzate ha un pedigree che non lascia dubbi sulla sua esperienza e sul suo orientamento, e 31 anni di attività antiguerriglia. La Forza Titan dell’esercito, di cui è a capo, è stata più volte denunciata per violazioni dei diritti umani nei confronti di contadini e indigeni del Choco; e così altri reparti che ha diretto, dopo aver completato la formazione militare negli Stati uniti. Ora, il generale e i suoi accompagnatori dovranno rispondere all’udienza prevista al Senato e anche alla magistratura, che li ha invitati a presentarsi davanti alla sezione speciale “antiterrorismo”.

Nonostante le condizioni atmosferiche che hanno reso difficili gli spostamenti, domenica il generale e gli altri prigionieri sono stati presi in consegna dal personale della Croce rossa e da rappresentanti di due paesi garanti nelle trattative, Norvegia e Cuba. Ha viaggiato nella regione anche Pastor Alape, uno dei leader guerriglieri che partecipa ai tavoli dell’Avana, anch’egli comandante del Fronte 34: «Il generale – ha detto ad Anncol – non andava in quella zona per portare scuole o migliorare le condizioni degli afrodiscendenti o quelle degli indigeni. Il suo compito era sempre quello di combattere e annientare le forze di guerriglia nella regione. La Forza Titanic è un’unità di repressione alle dipendenze della presidenza. Ho sentito tante volte sopra la testa gli aerei da guerra inviati da Alzate per ordine di Santos». Alape ha poi risposto a una domanda circa l’accusa alle Farc di essere legate al narcotraffico: «E come mai circola così tanta droga nel dipartimento del Choco quando tutti i punti strategici in cui la droga passa sono controllati dall’esercito?», ha ribattuto.

Quello sulle droghe illecite e sulle coltivazioni illegali è stato uno dei punti più discussi nell’agenda di pace, che cerca di portare a soluzione il cinquantennale conflitto armato (600.000 morti e quasi 4 milioni di sfollati).
Dopo due anni di discussioni e momenti tesi, la cattura del generale ha rischiato di far fallire l’intero processo di pace. Santos, infatti, ha subito deciso di sospendere le trattative, bloccando il viaggio di un altro gruppo di vittime, pronto a recarsi al tavolo dell’Avana. Nel frattempo, la sinistra colombiana – che ha sostenuto il neoliberista Santos per via del processo di pace – è scesa ripetutamente in piazza: per appoggiare la richiesta di un cessate il fuoco bilaterale, sempre avanzata dalle due guerriglie di sinistra, Farc e Eln. E tutti hanno criticato la scelta di Santos: una violazione delle regole del negoziato, indipendente dal fronte di guerra.
Ieri, i negoziatori del governo sono ripartiti per Cuba. Forti del loro gesto unilaterale di buona volontà, le Farc hanno fatto però sapere che occorrerà ripartire su altre basi: per non rischiare un nuovo arresto governativo in presenza di qualche altro siluro.

Intanto, le organizzazioni popolari discutono la loro presenza alle amministrative dell’anno prossimo, senz’altro condizionata dagli esiti delle trattative. Giorni fa, l’ex senatrice Piedad Cordoba, una delle leader del movimento Marcia patriottica (pronto a presentarsi alle elezioni) ha denunciato minacce e la possibilità di un attentato ai suoi danni e a quelli del comandante Alape. E ieri, il più pericoloso gruppo paramilitare colombiano, Aguilas Negra, ha inviato minacce di morte a Reporters sans Frontières, Telesur e Canal Capital, la tv pubblica di Bogotà: «Abbiamo la lista completa dei servi del castro-madurismo travestiti da giornalisti – hanno scritto – e quella dei difensori dei diritti umani, che fanno da cassa di risonanza a un processo di pace con cui il traditore Santos sta consegnando il paese al narcotraffico. Presto arriverà la loro ora, hanno un mese di tempo per sparire».