Ci proveranno in tre – Conte, Di Maio e Bonafede – a convincere Salvini a concedere ai 5 Stelle la bandierina della prescrizione. È convocato stamattina, molto presto, il vertice di maggioranza rinviato per 48 ore. Non si parlerà delle correzioni alla legge di bilancio e ai collegati, né dell’organizzazione della prossima conferenza di Palermo sulla Libia. Questioni sospese che non meritano ancora l’attenzione del governo. Che si concentra sulla prescrizione, per una riforma che – eventualmente – troverebbe applicazione tra quattro, cinque anni.

Non è detto che il vertice di questa mattina sia risolutivo, anche se certo gli alleati non possono permettersi nulla di diverso da un accordo, magari di facciata. Le posizioni tra Lega e 5 Stelle sono ancora distanti. Una telefonata tra il ministro dell’interno e il ministro della giustizia non è servita a fare passi in avanti. Sono d’accordo sul fatto che bisogna trovare una soluzione, hanno spiegato gli uffici stampa, aggiungendo che «non sono entrati nel merito». Perché allora si sarebbero sentiti? Forse per parlare della Champions, come ha veramente fatto il presidente del Consiglio, copiando la battuta a Salvini per giustificare ieri sera il mancato vertice.

Salvini per tutta la giornata ha distillato dichiarazioni di grande ottimismo – del genere «con Di Maio ci intendiamo sempre e lo faremo anche questa volta», «il governo è solido e non rischia niente» – con affermazioni destinate invece a scavare un solco con i grillini. Per il ministro dell’interno «la riforma della prescrizione si deve fare in un contesto più ampio di riforma della giustizia». E «nel contratto di governo c’è scritto che la prescrizione va riformata e lo sarà, ma non che sarà abolita». L’emendamento che il ministro Bonafede ha provato a infilare nel disegno di legge anti corruzione, invece, è una sostanziale abolizione della prescrizione: si parla di «interruzione» dopo la sentenza di primo grado, ma senza termine.

È il punto debole del fallito blitz grillino, stroncato per questo non solo agli avvocati ma anche dalla magistratura associata – con l’eccezione delle due correnti di destra, Autonomia e indipendenza di Davigo e in parte Magistratura indipendente. Ieri anche il primo presidente della Cassazione Mammone ha detto che «il problema della prescrizione va affrontato in un ripensamento generale del processo penale, il parlamento deve affrontarlo in modo organico». Finisce che Salvini ripete le stesse parole del presidente dell’Anm Minisci, con il quale ha recentemente litigato a proposito di legittima difesa, quando spiega che assieme alla prescrizione bisogna accelerare i tempi dei processi per esempio prevedendo che «se cambia il giudice il processo non deve ripartire da zero».

L’accordo, dunque, concederà ai 5 Stelle un intervento sulla prescrizione nel disegno di legge anti corruzione, ma rimanderà a una successiva legge la riforma compiuta. Salvini potrebbe chiedere in cambio che sia fissata da subito una durata massima dell’interruzione (e, dunque, auspicabilmente, del processo di secondo grado) perché non vuole «60 milioni di ostaggi di processi infiniti». Ma non sarà facile definire di nuovo questo termine, visto che è già stato indicato dalla legge Orlando appena un anno e mezzo fa (nel complesso, tre anni dopo il primo grado) ed è troppo presto per valutarne gli esiti.

Nell’attesa di questo accordo, che evidentemente serve per le rispettive campagne elettorali più che per il merito delle questioni, le commissioni prima e seconda della camera sono state costrette a una nuova giornata di melina. In un gioco di sponda con il presidente Fico è stata chiamata in ballo la giunta per il regolamento per valutare l’allargamento della materia della legge (che nel titolo si occupa solo di reati contro la pubblica amministrazione). In pratica quello che gli stessi grillini volevano risolvere con un emendamento, infilandoci la prescrizione. Fico ha rinviato la palla alle commissioni, che stamattina decideranno l’allargamento con il voto favorevole della Lega. Segno che l’accordo arriverà. Ma con una settimana di ritardo e a questo punto la commissione dovrà riaprire i termini per gli emendamenti. Le opposizioni chiederanno nuove audizioni. Slitterà l’approdo in aula (doveva essere lunedì) e il calendario rischia di esplodere. A fine mese si parte con la legge di bilancio ma prima bisogna convertire proprio il decreto sicurezza