La nuova legge elettorale non si fa, ma se ne parla molto giacché il 3 dicembre comincerà a occuparsene anche la Corte Costituzionale. I giudici si troveranno di fronte una legge vecchia di otto anni, con la quale sono stati eletti tre parlamenti, fortemente sospetta di incostituzionalità, e potrebbero anche decidere di non poter far niente, non accogliendo il quesito sollevato dalla Cassazione. Bocciata in commissione al senato la via del doppio turno di coalizione, che altro non era che una correzione del Porcellum nel meccanismo per assegnare il premio di maggioranza, si fa strada una via d’uscita che è un vero e proprio salto all’indietro. Al Mattarellum, legge in vigore dal 1993 e responsabile anche lei di tre legislature.

La novità è che nel Pd, che è sempre stato il partito ago della bilancia in materia di legge elettorale in quanto storicamente diviso tra due blocchi, uno più vicino al modello francese e l’altro a quello proporzionale, si va formando una maggioranza di favorevoli al Mattarellum. La linea «ufficiale» l’ha ribadita ieri Epifani: doppio turno (di collegio o di coalizione, indifferentemente) malgrado la bocciatura di martedì. Ma a tre settimane dalle primarie e in piena fase congressuale la linea ufficiale conta poco. Soprattutto quando bisogna puntare a un intervento rapido, o come si dice «di salvaguardia», posto che alla riforma «di sistema» da fare in tempi più lunghi non crede più nessuno. Gianni Cuperlo è per un ritorno al Mattarellum, con lui Pippo Civati. E anche il vincitore designato delle primarie Matteo Renzi preferisce quel sistema al modello proporzionale che potrebbe affermarsi altrimenti. La sua proposta del «sindaco d’Italia» è evidentemente altra cosa, a doppio turno. Ma il regista della campagna renziana in questa materia è Roberto Giachetti il ritorno al Mattarellum lo propone dalla scorsa legislatura, indicandolo come la più semplice via di fuga dal Porcellum. Sua la mozione che poteva spingere in questa direzione già sei mesi fa. Allora fu bocciata perché rompendo il fronte delle larghe intese avrebbe fatto danno al governo, ed è questo ancora il problema principale di una proposta, come quella del Mattarellum, che è indigeribile per tutto il Pdl. Non solo per i «lealisti» ma anche per i governativi di Alfano, anzi forse soprattutto per loro in prospettiva scissione. E così ieri alcuni esponenti del Pd che hanno scelto Renzi ma che sono soprattutto fedeli al presidente del Consiglio (come il ministro Franceschini o Francesco Boccia) hanno parlato contro il Mattarellum. Lo ha fatto anche un renziano doc come Nardella, guardando però alla prospettiva di una legge ideale e non escludendo la necessità di una più urgente riduzione del danno.

Con Forza Italia che torna in campo, l’ostacolo più grande al compimento di un totale ritorno al 1994 con il Mattarellum resta palazzo Chigi. La finestra per le elezioni anticipate è ancora aperta, la crisi ancora possibile prima che le elezioni europee e il semestre italiano di presidenza Ue le allontanino fino al 2015. Per tornare al Mattarellum il Pd dovrebbe mettere insieme una maggioranza assai articolata, con la Lega e Scelta civica, e al senato conterebbe i voti fino all’ultimo. Con il Pdl sarebbe rottura assicurata (al limite ai berlusconiani potrebbe andare meno peggio il doppio turno di collegio).

Ma il Mattarellum potrà avere i desiderati effetti bipolari sul mutato panorama politico italiano? Il professor Antonio Agosta, che da capo di gabinetto del ministro Elia contribuì alla nascita di quel sistema elettorale, lo esclude. Stando alla simulazione con i numeri delle scorse elezioni, salterebbero fuori gli stessi tre partiti. «Come si comporteranno gli elettori nei collegi uninominali non si può prevedere – spiega – si può però ricordare la cattiva riuscita delle coalizioni-contenitore. Cercare le soluzioni solo nelle regole è sbagliato: dal 2006 al 2013 i due partiti principali hanno perso qualcosa come il 40% dei voti validi, dare tutta la colpa al Porcellum conduce fuori strada».