C’è sempre un modo in cui si forma un’attitudine musicale che ha a che fare con l’origine sociale. Più precisamente con il capitale culturale (o sotto-culturale) di cui dispone la famiglia d’origine. Ana Lucia, meglio conosciuta come Coco Maria ha preso dal padre l’interesse per la musica, un ingegnere che è anche un musicista autodidatta.«Ho cominciato a Londra a selezionare musica per amici perché ero circondata da musicisti, il mio fidanzato di allora aveva una band e così ho cominciato con pochi dischi che poi sono diventati via via sempre di più..». Comincia a raccontarsi dopo un raffinato dj set sulla collinetta di San Quirico nel pittoresco borgo di Cella Monte immerso nel cuore del Monferrato, location ideale per l’edizione 2021 di Jazz Re:found (dal 2 al 5 Settembre), un festival a vocazione «boutique», come vengono definiti con un linguaggio preso in prestito dall’hôtellerie, i festival che si distinguono per la cura e l’originalità delle line up e delle venues. «Ma sono cresciuta a suon di musica perché mio padre si diverte a cantare accompagnandosi con la chitarra. Mi ricordo queste jam session casalinghe quando ero piccola con i suoi amici. Loro sono musicisti professionisti e sono davvero molto bravi. Mi ricordo che si andava avanti per ore visitando un vasto repertorio musicale, specie delle musiche tradizionali dell’America latina. Anche mia madre è un’appassionata di musica e possiede una marea di musicassette di tutti i generi, soul, jazz, latin, musica tradizionale, e tanto altro».

ORIGINARIA di Saltillo, nel nord del Messico, è attraverso un viaggio che dura da quindici anni tra le capitali europee, Berlino, Londra, Amsterdam, dove vive attualmente, che Coco Maria ha costruito un network nel circuito musicale che le ha permesso di condurre sulle frequenze di WorldWide Fm un programma settimanale giramondo tra le varie forme e formule delle musiche globali. «Non conoscevo Gilles Peterson personalmente. Ero una sua grande fan ma non avevo mai avuto modo di incontrarlo. Sono stata invitata come ospite in una trasmissione su Worldwide FM e lui ha ascoltato il mio show, così sono stata contattata dal suo staff per propormi questo programma che andava in onda inizialmente una volta al mese, poi è nato Coco club ogni mercoledì. Ho conosciuto Gilles fortuitamente ma devo a lui se ora mi invitano a mettere dischi in festival come questo. Tra qualche giorno saremo insieme nel suo festival in Sicilia». Sulla collinetta all’ombra di castagni e larici alpini, la ragazza ha dimostrato competenza ed eleganza con un set al tramonto in cui ha suonato solo vinili esplorando le varie influenze e declinazioni della matrice black tra afro latin, latin jazz, samba e ritmi caraibici. «Non ho competenze di missaggio, ma non me ne sono mai curata. Mi definisco una “selectora” più che una dj, quello è un livello successivo, ma per me è un bonus. Mi ritengo un’esploratrice delle emozioni, sono più interessata a questo aspetto e ad allargare le mie conoscenze in termini di prodotti musicali piuttosto che di produzione in senso tecnico». Da messicana di confine, le influenze musicali di Coco Maria, derivano principalmente dagli input provenienti dagli Stati uniti: «Aborrivo l’idea di diventare una dj latinoamericana, nel senso che spesso la musica latina conosciuta all’estero è quella commerciale come la salsa e il reggaeton, che io non amo molto».

NON AMA decisamente la salsa commerciale: «Sono stata molto più influenzata dal jazz degli States sempre per via di mio padre che ama il jazz anche se non è un collezionista di dischi jazz. Poi a Londra ho avuto modo di approfondire la conoscenza soprattutto del free jazz e delle sue radici africane con gli amici di discendenza africana e di riconnettermi con le radici africane della nostra musica. Dalla cumbia alle altre innumerevoli forme tradizionali, il beat africano è sempre presente. Infatti quello che prediligo spesso nei miei set è l’elemento percussivo».