Anche in seguito alla tregua stabilita dal governo ucraino di Kiev e i ribelli filorussi lo scorso 5 settembre, la guerra in Ucraina è proseguita fino ad oggi, con bombardamenti e combattimenti tra Donetsk e Lugansk, nelle regioni orientali del paese.

In questo periodo, nonostante le parole di pace alargite ad ogni occasione internazionale da Petro Poroshenko, il presidente ucraino, l’esercito di Kiev avrebbe utilizzato almeno dodici volte, causando la morte di almeno sei civili, le bombe a grappolo. Questa circostanza è stata verificata da esperti ed è ampiamente spiegata in un report pubblicato ieri da Human Rights Watch, ripreso con enfasi, in prima pagina, dal New York Times. Le prove circa l’utilizzo di cluster bombs da parte dell’esercito regolare di Kiev, sono arrivate attraverso il lavoro sul campo di tecnici militari, che hanno analizzato testimonianze, video e soprattutto i crateri e i frammenti delle munizioni ritrovate nei luoghi segnalati. Come ha specificato Human Rights Watch, inoltre, i numeri (di attacchi, vittime e feriti) sono per difetto, perché gli esperti non hanno potuto visionare tutti i luoghi dove sarebbero piovute le bombe, segnalati dai testimoni, in gran parte contadini, che si sono ritrovati i campi invasi da «submunizioni».

Le particolarità del report sono rilevanti: le bombe sarebbero stato utilizzate nel periodo successivo alla tregua, al cessate il fuoco dichiarato dal governo di Poroshenko e dai ribelli filorussi; avrebbero causato la morte di almeno sei civili (per un totale di oltre 3mila, secondo i dati rilasciati dall’Onu lo scorso 15 ottobre), tra cui l’operatore della Croce Rossa, un cittadino svizzero, ucciso lo scorso 2 ottobre. Infine, va ricordato che questo tipo di artiglieria pesante è bandito da un trattato internazionale contro l’uso di bombe a grappolo ratificato da 86 paesi (ma non ratificato, guarda il caso, da Ucraina, Usa e Russia). Nei 12 casi documentati da Human Rights Watch, le munizioni a grappolo hanno ucciso almeno sei persone e ne hanno ferito decine. «Il numero reale delle vittime causato dall’uso di munizioni a grappolo nel conflitto – si legge nel report – è probabilmente più alto, dato che Human Rights Watch non ha potuto indagare tutte le accuse riscontrate circa l’utilizzo di queste munizioni». Gli esperti hanno provato l’utilizzo di queste armi, grazie ai crateri e alle frammentazioni tipiche delle submunizioni. Entrambi i lanciarazzi utilizzati, Uragan e Smerch, sono prodotti in Russia. L’Uragan può bombardare da un campo minimo di 10 chilometri a una portata massima di 35 chilometri; lo Smerch può arrivare anche a 70 chilometri.

Ieri è arrivata la reazione di Kiev. Il Consiglio di sicurezza e difesa ucraino ha respinto le accuse avanzate dall’organizzazione per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch secondo cui le forze armate di Kiev hanno usato bombe a grappolo nelle zone residenziali di Donetsk e nelle aree limitrofe. «L’esercito ucraino – ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza, Andrii Lisenko – non ha usato armi vietate a livello internazionale, incluse le bombe a grappolo».

Eppure già nell’agosto scorso alcuni video che erano comparsi on line, testimoniavano gli spostamenti dei lancirazzi citati da Hrw, da parte dell’esercito regolare ucraino. Nel rapporto, l’organizzazione internazionale sostiene che ci siano dei sospetti circa l’utilizzo di queste armi anche da parte dei filorussi, senza tuttavia il supporto di alcuna prova specifica raccolta sul campo. Come riportato dal New York Times, «Il rapporto specifica che esistono prove particolarmente chiare, circa gli attacchi delle truppe ucraine ad ottobre contro Donetsk, così come potrebbero essere state utilizzate bombe a grappolo in un attacco sferrato ad agosto, contro il villaggio di Starobesheve, in mano all’esercito ucraino da parte delle forze filorusse». Le prove contro l’esercito ucraino sarebbero dunque nette, nonostante il diniego che è arrivato da Kiev. L’esperto di Hrw, Mark Hizany ha specificato: «È sconvolgente vedere che un’arma vietata alla maggior parte dei paesi nel mondo, venga utilizzata in modo estensivo in Ucraina orientale; le autorità ucraine devono impegnarsi immediatamente a non utilizzare munizioni a grappolo e aderire al trattato che le vieta».

Per quanto riguarda i filorussi, ieri Andrei Purgin, vice primo ministro della Repubblica Popolare di Donetsk, ha specificato alla Reuters, che «le forze ribelli non hanno accesso al lanciarazzi Uragan. Abbiamo vecchi missili sovietici, ma non Uragan, né li abbiamo sequestrati all’esercito ucraino». La Russia ha sempre negato l’invio di truppe o armi per aiutare i ribelli, ma Human Rights Watch ha esortato Mosca a impegnarsi a non utilizzare munizioni a grappolo e di aderire al trattato contro il loro utilizzo.

Il report di Hrw – dunque – allontana ulteriormente la possibilità di una soluzione pacifica tra le parti, evidenziando le responsabilità di Kiev, da cui ancora attendiamo il risultato di inchieste promesse e su cui non sono stati rese note novità alcune: dalla morte del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli, ucciso da un colpo di mortaio, alla strage di Odessa, un rogo nel quale morirono almeno 48 persone.