Il Presidente Mattarella nel messaggio di ieri ha citato in modo molto preciso e chiaro il tema dei cambiamenti climatici. Non è la prima volta che la prima carica dello Stato parla dei cambiamenti climatici e della grande sfida che rappresentano e l’ha fatto citando che gli sforzi finora compiuti sono «ancora insufficienti».

L’inadeguatezza degli sforzi messi in campo dai Paesi rispetto agli Accordi di Parigi è la motivazione principale dello «sciopero del clima» lanciato da Greta Thunberg che chiede ai Paesi di «raddoppiare gli sforzi».

Il richiamo della giovane studentessa svedese è rivolto alla generazione dei politici che oggi possono prendere decisioni più avanzate e che, invece, non prendono. La sfida in Europa è particolarmente importante non tanto per il peso che ha in termini di emissioni – circa il 10% del totale – ma per il fatto che, se il vecchio continente riesce a produrre una svolta seria, allora ci può essere la speranza che anche altri seguano l’esempio.

La contraddizione europea sta tutta nella sostanziale differenza che c’è tra gli obiettivi a lungo termine – decarbonizzazione totale dell’economia entro il 2050 – e gli obiettivi a medio termine fissati per il 2030 – riduzione del 40% delle emissioni rispetto al 1990 – due obiettivi che tra loro non si parlano.
In questi giorni sono stati due rapporti scientifici sul clima: la mappa di Carbonbrief raccoglie gli studi sui «fenomeni climatici estremi» e mostra come due terzi di questi fenomeni registrati a livello globale sono stati causati o sono stati rafforzati dai cambiamenti climatici in atto; un altro studio riguarda l’Italia ed è stato pubblicato dal Cnr e dimostra come, analizzando i dati dal 1961 al 2016, i fenomeni estremi – e specie le ondate di calore estive – mostrino una chiara alterazione legata ai cambiamenti climatici.

Se la scienza ha da tempo le idee molto chiare, c’è non solo un difetto di percezione della leadership politica e non – difetto che l’accorato appello di Mattarella cerca di ridurre – e una mancanza più rilevante di comprensione della posta in gioco e delle conseguenze in termini di politiche industriali.

Se il nuovo leader del Pd ha «dedicato» la sua elezione a Greta – con questo volendo, immagino, dedicarla alle nuove generazioni – lo ha fatto senza rendersi conto che lo sciopero del clima è anche contro le posizioni sul tema espresse dal programma con cui Zingaretti ha vinto le primarie.

In sostanza, se Greta chiede 100 nel programma Zingaretti promette «almeno 10», riportando la posizione del Parlamento europeo. Del resto in questi ultimi anni il Pd è stato impegnato più a proteggere gli interessi delle fossili – che quelli delle rinnovabili, settore che negli ultimi anni è rimasto al palo su precisa richiesta di parte dell’industria energetica e in particolare di quella del gas naturale. Non va certamente meglio con il governo attuale, la cui proposta di Piano energia e clima è in piena continuità col passato. Se in Germania – Paese che ha un ritardo sulla chiusura del carbone – a gennaio sono stati installati quasi 600 MW di solare, l’Italia in tutto il 2018 ne ha installati meno di 500. Evidentemente il diktat «fermate le rinnovabili» lanciato qualche anno fa vige ancora col «governo del cambiamento».

Una svolta è necessaria, e dobbiamo dire grazie al Presidente Mattarella di averlo detto forte e chiaro. Faremo di tutto perché la politica ascolti Mattarella e dia una risposta seria a Greta e alle migliaia di giovani che si battono perché la politica non rovini il loro futuro.

* Direttore Greenpeace Italia