Gas? No, grazie. Civitavecchia prova a sottrarsi al gioco delle fonti fossili che per 70 anni hanno inquinato il suo territorio e si propone come città pilota per la produzione di idrogeno verde, cioè prodotto da energia rinnovabile. La città è compatta nel rigettare il progetto dell’Enel che intende riconvertire da carbone a gas la centrale termoelettrica di Torrevaldaliga Nord, come previsto dalle norme europee che entro il 2025 impongono la fuoriuscita dal carbone. Dice no il sindaco leghista Ernesto Tedesco, dice no l’associazione Città Futura, i comitati, le maggiori associazioni ambientaliste, i medici per l’ambiente, e anche la Cgil. Anche se il gas è la più presentabile delle fonti fossili (inquina fino a un terzo meno del carbone), nello stesso comune di Civitavecchia insiste un’altra centrale a gas in fase di ampliamento, quella di Tirreno Power e, a soli 30 km in linea d’aria, a Montalto di Castro, c’è una terza centrale alimentata a gas.

UN PO’ TROPPO PER LA POPOLAZIONE, da troppo tempo incerta per la salute e l’ambiente. Giovanni Ghirga, pediatra, dell’Associazione medici per l’ambiente (Isde), mostra i dati sulla mortalità per cause naturali e per tumori che a Civitavecchia sono del 10% in eccesso rispetto alla popolazione laziale nel periodo 2006-2010 (dati Regione Lazio). In un’audizione al Senato, Ghirga ha presentato dati di varie ricerche condotte in vari luoghi nel mondo sui disturbi del neurosviluppo dei bambini geneticamente predisposti: l’incidenza è direttamente proporzionale alla vicinanza alle fonti di emissione di metalli tossici, mercurio, cromo, piombo, gli inquinanti che si generano dalla combustione fossile.

«A CIVITAVECCHIA, PUR NON ESSENDOCI ancora dati specifici, come invece sono stati rilevati a Taranto – denuncia Ghirga – noi pediatri lo vediamo quotidianamente: troppi bambini non rispettano le tappe del linguaggio del normale neurosviluppo. Il gas? Emette particelle ultrafini, tremendo». Non sorprende che Civitavecchia voglia prendere al volo il treno dell’idrogeno verde, come è stato proposto nel corso di incontri che si sono tenuti negli ultimi mesi anche con Mario Agostinelli, presidente dell’Associazione Laudato si’. Con un adeguato parco di pannelli solari si potrebbe produrre energia pulita per far funzionare un generatore di idrogeno da utilizzare per generare a sua volta energia o, come riserva di energia, per i più svariati usi.

«IN GERMANIA E IN FRANCIA STANNO investendo sull’idrogeno verde, l’Enel annuncia di volerlo fare all’estero, mentre qui a Civitavecchia ci precludono la possibilità di accelerare verso la decarbonizzazione», denunciano gli attivisti di Città Futura. «Il problema è politico, non tecnologico: è stata scelta la strada del gas, sono stati fatti investimenti enormi, e ora non ce ne possiamo liberare. Il meccanismo del Capacity Market introdotto l’anno scorso darà incentivi per 10 anni agli impianti a gas perché tengano in equilibrio la rete elettrica. Il gas era l’alternativa 30 anni fa, non oggi».

L’USCITA DAL CARBONE CREERA’ a Civitavecchia una crisi occupazionale che la segretaria della Camera del Lavoro Stefania Pomante definisce devastante. Se oggi tra gli addetti alla centrale sono 260 diretti e 350 esterni, più l’indotto, con il passaggio al gas potrebbero essere necessari non più di una trentina di occupati, che significa la perdita di un migliaio di posti di lavoro. Invece un piano che preveda largo impiego delle rinnovabili potrebbe compensare ampiamente i tagli occupazionali. «Quello che chiediamo è un confronto di merito, ampio, che coinvolga il territorio, perché si vada verso un’innovazione vera, con tutte le potenzialità che Enel e il mondo della ricerca possono esprimere, senza dimenticarci il tema della bonifica: quando si dimette un sito, poi bisogna riparare i danni», ricorda Pomante.

DA PARTE SUA ENEL, CHE HA AVVIATO nell’aprile 2019 l’iter autorizzativo del progetto di riconversione, dichiara che a Civitavecchia «prevede la realizzazione di un polo energetico innovativo, costituito da impianti rinnovabili fotovoltaici, batterie e un impianto a gas ad altissima efficienza, flessibilità e performance ambientale, riutilizzando le infrastrutture esistenti in ottica di economia circolare». Il progetto, sottolinea l’Enel, è «coerente con gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas clima alteranti del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec), che prevede la chiusura degli impianti a carbone entro il 2025 e la loro sostituzione con nuova capacità da fonti rinnovabili, impianti di accumulo e, nella misura strettamente necessaria per mantenere in sicurezza il sistema elettrico italiano, nuovi impianti a gas».

SULL’IMPIEGO DELL’IDROGENO VERDE come combustibile in un impianto termoelettrico, Enel ritiene che non sia «una soluzione efficiente e non permetterebbe la chiusura delle centrali a carbone entro il 2025».

«L’obiettivo non è l’efficienza – commenta Aristide Massardo, docente di Sistemi per l’energia e l’ambiente all’Università di Genova – ma passare alle rinnovabili e tagliare la CO2. L’idrogeno non è una fonte energetica, è un sistema di accumulo di energia, un vettore energetico. Il problema è che nel Pniec l’idrogeno non era stato inserito e adesso che c’è una grande corsa dell’Europa, noi rischiamo di restarne fuori. Io credo che dalla proposta di Civitavecchia possa scaturire un’operazione interessante. Le tecnologie si trovano, sono disponibili, certo migliorabili. Lì c’è lo spazio per installare un impianto fotovoltaico per una produzione di idrogeno da utilizzare in città e nel porto. I fondi che vengono dall’Europa vengono dati per fare cose nuove, non per fare quello che non siamo riusciti a fare nel passato. L’occasione è unica. Ci vuole la volontà politica».

ANCHE MASSIMO SCALIA, FISICO E STORICO ambientalista, oggi nel Centro Interuniversitario per la ricerca e lo sviluppo sostenibile, è possibilista su Civitavecchia: «Non si può immaginare di spegnere le centrali a gas, non mi farei illudere da proposte massimaliste – dice Scalia – ma è il momento di aprire una discussione. Bisogna fare in modo che questa pressione dal basso obblighi il governo a sveltire i tempi. Il Pniec italiano è vergognoso, da buttare. Bisogna dare una sferzata all’industria pubblica e privata e cercare di obbligare l’Enel a dire quali saranno i passi successivi alla riconversione a gas. Io vedo in Enel un alleato, perché sa bene che l’era dei fossili sta finendo. L’idrogeno verde è quello su cui puntare. Il problema è riuscire a produrlo».

OGGI NEL MONDO SOLO LO 0,1% dell’idrogeno prodotto si può classificare come verde. Per produrlo a costi accettabili dovremo arrivare almeno al 2025. «I tempi non collimano con la tempistica di riconversione delle centrali a carbone, che vanno chiuse comunque – commenta Giovan Battista Zorzoli, presidente del coordinamento Fonti rinnovabili ed efficienza energetica – si potrebbe dunque pensare a un finanziamento ad hoc dalla Comunità europea per attrezzare le centrali a gas ad utilizzare l’idrogeno verde appena questo sarà disponibile sul mercato, così da liberarci dal gas il prima possibile». La discussione è aperta.