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A rendere speciale un libro nato dallo sguardo divertito di un maestro e i suoi alunni, puntato fuori dalla finestra della loro classe, è il suo messaggio di libertà. Cipì, un classico nato nel 1972 e che oggi ha più di 50, è un magnifico manifesto dell’intraprendenza infantile, una guida assolutamente creativa – e a tratti caotica – alla crescita sana, ossia priva di regole costrittive. È un racconto leggero come il cielo che più volte fa attraversare dai suoi personaggi – passeri – che si potrebbe catalogare fra i romanzi di formazione, ma ha una freschezza di scrittura e di svolgimento che lo fa esulare dal genere.

Mario Lodi, che è scomparso all’età di 92 anni l’anno scorso, lo scrisse insieme ai suoi bambini, di prima e poi seconda elementare, della scuola di campagna dove insegnava, in mezzo alla pianura padana, per rispondere a un input dei ragazzi: un giorno, uno dopo l’altro si erano alzati, forse annoiati di trovarsi chiusi fra quattro vecchie mura, per sprgersi verso lo spicchio di cielo azzurro incorniciato dalla finestra della loro classe.

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In quella manciata di minuti, Lodi dovette decidere se reprimere quel gesto liberatorio e un poco sfrontato, oppure assecondarlo, inventando un’altra pedagogia. Optò per la seconda soluzione, ponendosi all’ascolto del corpo e del pensiero di ogni bambino, ribaltando i ruoli gerarchici di un insegnamento autoritario che vedeva nella cattedra l’apice di una «postazione» strategica per domare intere generazioni di giovani. Lui invece fece volare subito fuori dalla finestra, in giro per il mondo Cipì, il passerotto ansioso di conoscenza, gran viaggiatore e scienziato in maniera empirica, come lo può essere un uccellino destinato a perdersi, a rischiare le penne, a innamorarsi e a metter su famiglia mentre fuori gli elementi della natura – acqua, aria, fuoco e terra – imperversano e dettano legge, scompigliando il paesaggio e le emozioni.

Einaudi Ragazzi propone una edizione deluxe di questo evergreen, facendo luccicare nell’argento lunare la copertina cartonata (pp. 128, euro 15). E lui, Mario Lodi, il maestro che fondò in una cascina a Drizzona, vicino a Piadena, la Casa delle Arti e del Gioco – il più bel laboratorio dei linguaggi di tutti – torna a parlare sotto forma di un passero avventuroso che, un po’ come Pinocchio perde il filo, si arrabbatta per tornare a galla, attraversa indenne una serie di riti di passaggio, resiste alle tentazioni, fa gruppo e, alla fine, diviene a sua volta genitore.

Nella sua lunga carriera di docente, è stato il sapere dei bambini a guidarlo lungo i sentieri dell’educazione. Era contro le idee astratte della scuola Lodi, proprio perché su quelle sedie, ad altezza di piccoli alunni, si sedeva con assiduità, senza bisogno di recitare proclami. Altro che la renziana «Buona Scuola».