«Quelle trivelle erano già lì in Adriatico, nel Canale di Sicilia e nell’entroterra emiliano,ndr.]. C’erano delle autorizzazioni, delle valutazioni di impatto ambientale per riprendere le operazioni. Non posso fare una operazione scorretta, se l’atto amministrativo è finito sono obbligato a mandarlo avanti, altrimenti ometto atti d’ufficio. Non c’è nessuna trivella nuova, c’erano già e non le ho autorizzate io». Lo ha detto ieri l ministro per la Transizione Energetica Roberto Cingolani in un’intervista a Sky Tg24, Il ministro si è anche soffermato sull’enigma del Piano per la transizione energetica Sostenibile delle aree idonee (Pitesai) che, infine dovrebbe essere presentato a fine settembre.

«Esiste un piano, il Pitesai, che deve stabilire dove queste cose si possono fare e dove no, anche di non poterle fare del tutto. Doveva essere fatto nel 2018. Io sono arrivato nel 2021 e la prima cosa che mi sono trovato ad affrontare è la questione trivelle. Ho scoperto che c’era una moratoria che chiudeva tutte le stazioni in attesa del Pitesai, ma il Pitesai non era stato fatto».Ho preteso che il nostro ministero facesse uno sforzo enorme per fare il Pitesai entro il 30 settembre. Quando il piano sarà presentato a quel punto non ci saranno più chiacchiere, si fa quello che dice il piano. Nel frattempo io non ho accettato nessuna richiesta di nuova installazione, ma avevo il dovere di mandare avanti le autorizzazioni approvate che giacevano nei cassetti».

Sulle associazioni ambientaliste critiche del piano di ripresa e resilienza (Pnrr) Cingolani ha detto: «Ho parlato con Legambiente, Greenpeace, c’è un accordo piuttosto buono sui contenuti principali, ovviamente tutto è migliorabile». «Capisco che le associazioni ambientalisti debbano mantenere un punto di rigido controllo, lo capisco perché è molto chiaro, credo che sappiano da parte mia, da parte nostra, c’è altrettanto impegno a fare del nostro meglio»

«Il problema del Pnrr, scritto dal ministro Cingolani per quanto riguarda la parte sulla transizione ecologica- sostiene Angelo Bonelli portavoce dei Verdi- è che la transizione non c’è perché si rinuncia a finanziare il trasporto pubblico, i depuratori, le reti idriche che perdono il 41% di acqua potabile e oggi che è la giornata della biodiversità ricordo che il Piano di resilienza destina solo lo 0,8% delle risorse totali.» « L’avversione del ministro – continua Bonelli – alla mobilità elettrica a cui destina solo 750 milioni di euro e il poco impulso dato alle rinnovabili favorendo invece l’idrogeno alimentato a gas spiega che l’impostazione è nei principi vicina alla transizione ecologica ma nei contenuti assolutamente lontana». «Si è persa una grande occasione per costruire politiche industriali e infrastrutturali nuove e moderne legate alla conversione ecologica. In più si dice Si al ponte sullo stretto di Messina in un’area ad alto rischio sismico: dov’è la transizione ecologica?»