..Il Cinema Ritrovato di Bologna, alla XXXI edizione, ha un programma più che mai ricco, e con sempre più sale, al punto che fra quanti si apprestano a raggiungerlo è invalsa la domanda “che cosa vai a perdere?” più che “che cosa vai a vedere?”. Il miracolo è che queste sale, attive in contemporanea (e non parliamo delle serali proiezioni in piazza), sono tutte affollate, quindi chiaramente ci si riconcilia con la propria finitezza, rinviando a futuri virtuali quanto si sta perdendo. Credo sia importante ritagliarsi nel programma dei percorsi mirati, pur sapendo che altre cose meritano di essere viste. Chi scrive vedrà pochi Robert Mitchum, ma non rinuncerà a Bandido! di Fleischer e Il meraviglioso paese di Parrish in splendide copie vintage 35mm, sacrificherà invece Out of the Past che anticipa il tutto Tourneur di Locarno (dove vorremmo esserci, ma…). Al Cinema Arlecchino, una delle sale in Italia con lo schermo più grande, non potremo rinunciare anche a un paio di coloratissimi Sirk. Della bella rassegna dedicata a Colette nel cinema (che giustamente include anche lo stupendo Mädchen in Uniform perché da lei sottotitolato in francese) non ci priveremo certo di un Ophuls. Della seconda puntata della rassegna dedicata alla produzione Universal ci conquisteremo un Browning e un Whale in versione integrale. Della meritevolissima personale di Med Hondo, alla presenza del regista africano, vedremo perlomeno il mauritano-algerino West Indies. Rivedremo Malombra di Gallone con Lyda Borelli. E c’è infine una proiezione ineludibile, con cui si apre il festival: l’ultimo film di Rossellini, sul Beaubourg. Tutti quest’anno rispettano il rituale dell’anniversario rosselliniano, ma data la grandezza del suo cinema non è mai abbastanza. Di Rossellini agli inizi di Fuori orario avevamo scelto di includere ogni giorno un brano di un suo film, e anche lì non era mai abbastanza. Per quanto il cinema italiano fino agli anni ’70 ci appaia sempre più inesauribile di tesori nascosti, l’opera di Rossellini ne è il faro.

Il programma di quest’anno ci sembra però contenere tre rassegne forse meno appariscenti ma di massima importanza e, per chi vorrà seguirle, di massimo fascino.

Il critico iraniano Ehsan Khoshbakht, che nelle edizioni precedenti realizzò le proiezioni più rivelatrici nell’universo dei festival internazionali di cinema (dedicate rispettivamente a Sohrab Shahid Saless e Ebrahim Golestan, comprendente quest’ultima la sublime Forugh Farrokhzad) ci fa procedere nell’esplorazione del grande cinema iraniano, un cinema che dall’epoca dello Scià a quella khomeinista ha vissuto fratture sociopolitiche estreme ma il cui cinema ha sempre saputo preservare una forza libera di condizionamenti dal potere politico o religioso. Amir Naderi ha giustamente ricordato, presentando a Udine la proiezione di Monte, che Italia e Iran hanno in comune una plurisecolare cultura artistica che non può non imporsi: perciò ogni totalitarismo (come in Italia il fascismo) non può che arretrare di fronte alla forza artistica. Quest’anno Bologna ci rivelerà un cineasta iraniano del tutto sconosciuto all’estero e rimosso in patria: Samuel Khachikian, di origine armena, che sarà presente a Bologna per presentare quattro suoi film, tutti di genere, tra noir e sensualità, realizzati nel decennio 1955-1964. L’archivio iraniano, che li ha restaurati e offerti al mondo, meriterebbe un Premio Nobel per la pace a cui ci permettiamo di candidarlo.

Le altre due rassegne prioritarie riguardano un regista tedesco, Helmut Käutner, e uno italiano ma dal percorso europeo, Augusto Genina, che in partenza non potrebbero essere più diversi: cinema concettuale, da scrittore attraverso il cinema, capace di spirito libero anche verso il nazismo, nel primo caso, e invece per il secondo un cinema senza bussole politiche (e perciò talvolta disponibile a punti di partenza propagandistici) ma con una profonda sensibilità ontologica, per usare il termine di André Bazin, che fu il critico capace di meglio scriverne. Se nel caso del tedesco dobbiamo cogliere la forza del suo cinema saltando l’apparenza di costruzioni fredde, nel caso dell’italiano, anche se tuttora insufficientemente riconosciuto, non piò che raggiungerci un cinema rabdomante del reale.

Di Käutner il curatore Olaf Möller, massimo conoscitore del cinema tedesco, ha scelto otto film particolarmente rari tra i 61 da lui realizzati tra il 1939 e il 1977, per cui anche chi un po’ conosce il regista avrà molte sorprese. Segnaliamo in particolare un dittico di massima bellezza, Bildnis einer Unbekannten e Ludwig II., ben più estremo del film di Visconti e già “contenente” il capolavoro di Syberberg (che infatti darà a Käutner un ruolo da attore protagonista nel suo Karl May). Il dittico ha per protagonisti due splendidi attori, O.W. Fischer e Ruth Leuwerik, la quale condivide con Julie Andrews la massima commistione di innocenza e sensualità, e non a caso ha interpretato prima di lei il personaggio di Tutti insieme appassionatamente.

Ma veniamo a Genina. Il curatore Emiliano Morreale ha finalmente raccolto la scoperta del regista realizzata nel 1989 alle Giornate del cinema muto di Pordenone, con completamento per i film sonori al Museo nazionale del cinema di Torino. Livio Jacob, Piera Patat e Roberto Turigliatto ebbero allora il merito di sostenere una personale integrale come ormai pochi festival ancora realizzano (forse solo Locarno), con grave danno per la reale cultura cinematografica, fatta ormai più di assaggi che di appassionati approfondimenti. Le due istituzioni (Pordenone e Torino) editarono per l’occasione un volume, curato dallo scrivente e dal compianto Vittorio Martinelli, che ritengo rimanga un punto di riferimento, anche se ovviamente altre cose sono state scoperte dopo e altre ancora restano da scoprire. Il volume si sottrasse alla consuetudine del “libro per studiosi”, è un libro che attraverso la reinvenzione critica e il godimento anche iconografico vuole rendere viva la forza di cinema del proprio oggetto. Dopo di allora la Cineteca di Bologna ha avuto il merito di alcuni preziosi ritrovamenti, in particolare il primo dei due Addio giovinezza! diretti da Genina. Ma le riscoperte continuano quest’anno, col restauro di L’onestà del peccato realizzato da Bologna col Museo di Torino, e con la proiezione di Tre storie proibite in cui si reintegrano due tagli di censura. Purtroppo non si è colta l’occasione anche per il restauro a colori dell’edizione italiana (indubbiamente prioritaria rispetto alla francese) di Maddalena, di cui pure Bologna possiede nel fondo Titanus il triplo negativo Technicolor originale. Speriamo di vivere abbastanza per vedere un nuovo positivo a colori della versione italiana del film, anche se siamo certi che non rimetterà in vita l’aura della proiezione cui chi scrive assistette nell’infanzia insieme alla madre, nella prima visione cinematografica di cui ha memoria.

Seppur priva di alcuni altri capolavori massimi del regista (come Femmina di cui ci si ostina a non trattare il frammento del Fondo Pantieri, o La femme en homme pur conservato in versione italiana alla Cineteca di Milano, o Nous ne sommes plus des enfants che è tra i film più importanti della storia del cinema) la rassegna bolognese è di notevole ampiezza. Curiosamente il programma del festival contiene anche un omaggio al regista russo Evgenij Bauer che, in questa vicenda di ricorsi, ebbe una personale nella stessa edizione di quella Genina a Pordenone, e insieme, seppur diversissimi (quanto ora Genina e Käutner), riunirono uno spettro di grandissimo cinema.

Ci si augura che, nell’acquisita popolarità di Cinema Ritrovato, la riproposta di Genina sancisca quanto per chi lo conosce è indubbio: che si tratta in assoluto del regista più capace di accogliere nel cinema il trauma, la catastrofe, l’incombenza della distruzione su una vita tuttavia totalmente abbracciata (quanto il cugino di Genina, Mario Camerini, è la punta nel cinema del trascorrere del tempo, delle età).