Si susseguono ininterrottamente, in Cile, le manifestazioni di protesta, e sempre con gli stessi obiettivi: la rinuncia di Piñera, la convocazione di un’Assemblea costituente, la giustizia per le vittime. E proprio con un pensiero alle vittime della repressione militare si è svolta il primo novembre, non senza incidenti con la polizia, l’ennesima enorme manifestazione anti-governativa, aperta da un gruppo di mille donne vestite a lutto che, in silenzio, hanno sfilato per le vie del centro di Santiago.

Un omaggio alle persone cadute durante le proteste, 20 secondo le stime ufficiali, di cui almeno cinque uccise direttamente dalle forze di sicurezza, e a quante, più di mille, sono rimaste ferite, molte in maniera grave. Di tutte loro il governo dovrà rendere conto all’équipe di osservatori inviata dall’Alta Commissaria Onu per i diritti umani Michelle Bachelet, che continuerà a indagare fino al 22 novembre sulle violazioni dei diritti umani commesse durante le proteste.

Ma accanto alle manifestazioni acquistano un peso crescente anche i cosiddetti cabildos popolari, assemblee autoconvocate e aperte a cui la popolazione dà vita nelle periferie, nelle piazze, nei parchi, nei luoghi di lavoro per dibattere sulla situazione attuale, sul futuro del movimento e sulle trasformazioni necessarie per un nuovo modello di paese, a partire dalla rinazionalizzazione delle risorse naturali, come il rame, sotto il controllo della classe lavoratrice, per finanziare un’educazione e una salute gratuite e di qualità, un piano casa per il popolo povero, pensioni e salario minimi di 500mila pesos.

Circa 300 i cabildos realizzati solo negli ultimi giorni, secondo i dati della Mesa de la Unidad Social, una piattaforma che riunisce un centinaio di organizzazioni sociali di ogni tipo.

Il governo reagisce allungando la lista delle concessioni, l’ultima delle quali relativa al taglio delle tasse e a un piano di agevolazioni fiscali per le aziende. Ma neppure questa, come le altre che l’hanno preceduta, avrà il minimo effetto sulle proteste.

E, intanto, i partiti di opposizione fanno quello di cui una parte dei manifestanti non vuole neppure sentir parlare: si riuniscono con i rappresentanti del governo tentando la via del dialogo. Un dialogo che finora non sembra peraltro essere avanzato molto, di fronte alla mancanza di disponibilità del governo a discutere di un’Assemblea costituente.